Droga e denaro, incasso delle vendite, erano già sicuri di trovarli i poliziotti protagonisti dell’azione, ma quello che di certo non si sarebbero mai aspettati era che una chiave ritrovata al primo piano dell’appartamento di via Agesia di Siracusa sarebbe servita ad aprire una porta blindata che dava accesso ad un vero e proprio bunker. Uno stretto cunicolo largo appena un metro e lungo 10 permetteva l’accesso ad un’area attrezzata come poligono di tiro, dove probabilmente piccoli boss in erba hanno imparato a sparare e vecchi boss affermati (magari latitanti) hanno allenato la mira per non perdere l’abilità di utilizzo di armi da fuoco. Il tutto, dall’appartamento al cunicolo, dal box blindato al bunker-poligono, colmo di droga e munizioni, oggetto della denuncia perpetrata ai danni del 29enne Antonino Grimaldi. Il giovane dopo l’arresto dei Lo Piccolo, ritenuti i feudatari anche del quartiere Zen, sarebbe avanzato di grado passando da semplice pusher a fornitore di cocaina dell’intera zona. Secondo gli inquirenti, l’ipotesi di alloggio di appartenenti a Cosa Nostra all’interno del rifugio scovato sarebbe alquanto probabile vista la vicinanza dell’arrestato a Fabio Chianchiano, uno dei bracci forti del clan Lo Piccolo.
martedì 25 novembre 2008
La mafia è ancora forte: bunker-poligono a Palermo
Droga e denaro, incasso delle vendite, erano già sicuri di trovarli i poliziotti protagonisti dell’azione, ma quello che di certo non si sarebbero mai aspettati era che una chiave ritrovata al primo piano dell’appartamento di via Agesia di Siracusa sarebbe servita ad aprire una porta blindata che dava accesso ad un vero e proprio bunker. Uno stretto cunicolo largo appena un metro e lungo 10 permetteva l’accesso ad un’area attrezzata come poligono di tiro, dove probabilmente piccoli boss in erba hanno imparato a sparare e vecchi boss affermati (magari latitanti) hanno allenato la mira per non perdere l’abilità di utilizzo di armi da fuoco. Il tutto, dall’appartamento al cunicolo, dal box blindato al bunker-poligono, colmo di droga e munizioni, oggetto della denuncia perpetrata ai danni del 29enne Antonino Grimaldi. Il giovane dopo l’arresto dei Lo Piccolo, ritenuti i feudatari anche del quartiere Zen, sarebbe avanzato di grado passando da semplice pusher a fornitore di cocaina dell’intera zona. Secondo gli inquirenti, l’ipotesi di alloggio di appartenenti a Cosa Nostra all’interno del rifugio scovato sarebbe alquanto probabile vista la vicinanza dell’arrestato a Fabio Chianchiano, uno dei bracci forti del clan Lo Piccolo.
domenica 23 novembre 2008
VERGOGNA A COLORO CHE RICHIEDONO A TRAPANI AUTOBUS SOLO PER IMMIGRATI
Guarda il servizio del tg la7:
A fronte di notizie come queste sarebbe importante avviare una grande campagna di sensibilizzazione a favori di questi nostri fratelli, che vengono privati addirittura della loro dignità di esseri umani.
Durante l'estate avevamo proposto alla cittadinanza un incontro-dibattito sul tema della xenofobia, come primo passo verso una politica sociale partinicese di integrazione con le genti provenienti da terre non italiane. Il dibattito ebbe una buona partecipazione e riuscimmo pure ad avere un incontro con un immigrato ("rappresentante" della gente immigrata a Partinico dalla sua nazione) a Partinico. Poi l'invidia di qualche politico opportunista (in termini di consenso sociale e voti) che ci governa fece fallire il nostro progetto di libero e puro aiuto a questa gente, promettendo loro mari e monti. Comunque felici di veder qualcuno che li aiutasse (anche se solo per fare il "classico sgambetto" all'avversario politico), non ci restò che sperare. Ma a quanto pare, la nostra (e loro) speranza è rimasta pura illusione.
Perché non provare a creare un comitato no razzismo (al di là del partitismo, che scatena addirittura gelosie) qui a Partinico, con associazioni, mondo politico e sociale, gente libera e interculturale? Chi è con noi?
P.S. vorrei proprio sentire cosa ne pensano di questa politica berlusconiana i vari Campione, Giovia, Di Trapani, Rizzo Puleo, Bonnì, ecc ecc che questo governo sostengono. Che intervengano e soddisfino la mia curiosità!
Gianluca Ricupati
CIAO SANDRO!
''Sandro Curzi ci ha lasciati. Veniva dalla Resistenza. E' stato un comunista romano e in questo mondo, grande e popolare, ha vissuto intensamente. Questo mondo ha interpretato con una scelta di vita con la quale ha attraversato, da protagonista, il lungo e tormentato dopoguerra italiano. E' stato un uomo di parte, un partigiano aperto al mondo e agli altri, curioso anche degli avversari''.
Lo afferma l'ex leader di Rifondazione Comunista Fausto Bertinotti nel messaggio inviato alla famiglia di Sandro Curzi.
''E' stato un giornalista militante di lungo corso, ha attraversato esperienze vissute come tappe di un percorso aperto al futuro. Noi -prosegue Bertinotti- lo ricordiamo per vicinanza particolare come direttore della nostra 'Liberazione', ma il paese lo ricordera' come servitore leale e coraggioso del servizio pubblico radiotelevisivo per il quale ha lavorato con la passione e l'intensita' di sempre fino all'ultimo giorno.
Lo abbiamo sentito sempre vicino, gli abbiamo voluto bene.
Sandro Curzi ha combattuto la giusta battaglia, ora che la sua affascinante storia e' conclusa, gli sia lieve la terra.
A te Bruna, sua compagna di vita, alla sua cara Candida, un abbraccio forte dell'amico Fausto Bertinotti''
FERRERO: UN PRIVILEGIO AVERE NEL PRC IL GIORNALISTA E IL MILITANTE
La scomparsa di Sandro Curzi rappresenta un grande lutto per il giornalismo italiano e un grandissimo dolore per il Prc.
Viene a mancare una personalità straordinaria per sensibilità, capacità, carisma. Un uomo che ha dedicato la propria esistenza al lavoro di giornalista della carta stampata e radiotelevisivo. Per tutta la vita con la stessa, volitiva energia che lo ha visto sempre protagonista come operatore dell'informazione e direttore di testate, sino all'impegno come consigliere di amministrazione della Rai. Sempre realizzando la passione incontenibile per l'informazione e il giornalismo insieme a accanto a quella di militante comunista, traendone intelligenza e capacità critica.
Consideriamo un grande privilegio aver potuto lavorare insieme a lui, al suo amore per il giornalismo e al suo impegno politico, sia nella qualità di direttore che ha dato forza e valore a *Liberazione*, sia nella qualità di appassionato militante del partito.
Alla vedova e ai famigliari esprimo il cordoglio profondo e l'abbraccio pieno d'affetto mio personale e di tutto il Prc".
.: Ciao Sandro (Speciale di Liberazione) :.
giovedì 20 novembre 2008
LEFT CINEFORUM - "LA ROSA BIANCA"
CENTRO GIOVANILE LEFT, via Lincon (traversa di Corso dei Mille, prima del commissariato di Polizia)
martedì 18 novembre 2008
Il sistema formativo rimandato al mittente. E il re denudato in una mossa
I tecnici, gli esperti, i professionisti della tecnocrazia politica ed economica lascino il passo, hanno già fatto abbastanza danni. L'Onda travolge tutto. Rispecchia nel discorso ciò che produce nelle pratiche. I percorsi obbligati, questi sconosciuti all'Onda dei cortei, non sopravvivono nemmeno nel dispiegarsi dell'autoriforma dell'assemblea del 15 e del 16 novembre. Non sono serviti gli specchietti per le allodole di Gelmini, le accuse più deliranti, gli editoriali dei grandi giornali. L'onda non si ferma, anzi allarga il terreno del conflitto declinando quel "noi la crisi non la paghiamo" che ha letteralmente invaso il paese. Eccoli i bamboccioni di Padoa Schioppa e i fannulloni di Brunetta. Sono quelli espropriati e impoveriti di tutto proprio mentre producevano le risorse fondamentali di questo malato sviluppo economico: conoscenza, ricerca, comunicazione, innovazione tecnologica. Questi bamboccioni e fannulloni sono l'intera filiera produttiva cognitiva. I preferiti nei discorsi di politici, economisti, imprenditori. Maestri, insegnanti, studenti che nella retorica politica "hanno in mano le chiavi del futuro" e a cui quelle chiavi andavano velocemente e ipocritamente sottratte.Troppo pericoloso per chi preparava il terreno a questo capolavoro di sviluppo che oggi affoga nell'indebitamento e nella speculazione finanziaria pretendendo di affogare in primis chi con la propria ricchezza gli ha permesso di vivere fin qui. La verità è che questa generazione di studenti, dottorandi, ricercatori ha pagato la maturazione e lo sviluppo di questa crisi economica. Per alimentare il sistema finanziario ed economico che l'ha prodotta a questa generazione è stato negato il desiderio e il piacere come spinta alla conoscenza, è stata distrutta ogni aspettativa rispetto al proprio futuro, è stata imposta un'ipocrita meritocrazia di censo e di parte, sono stati propinati saperi scadenti e frammentati, precariato, controllo, disciplinamento, criminalizzazione e perfino dileggio.Tanto basta per mandare tutto alle ortiche e tentare di riprendersi le chiavi. E infatti l'autoriforma dell'onda non è una controproposta, non è un testo di legge da presentare al parlamento. E' invece un programma di trasformazione, cambiamento e conflitto. A chi in questi due mesi ha scritto e pensato, da destra e da sinistra, che questo movimento difendesse l'istruzione pubblica e statale che c'è, che difendesse i baroni e lo status quo di una scuola e un'università in rovina, che più banalmente questo movimento giocasse in difesa e conservazione attestandosi sulla barricata vertenziale del ritiro della legge 133, viene da dire una cosa sola: leggete i documenti introduttivi e finali dall'assemblea nazionale di sabato e domenica scorsi.A essere rispedito al mittente è praticamente l'intero sistema formativo così come è stato configurato da circa vent'anni di riforme, provvedimenti e finanziarie: i tagli delle risorse, il 3+2, il prestito d'onore, la trasformazione in fondazioni private, i numeri chiusi, gli stage e i tirocini gratuiti, la parcellizzazione degli esami, i grembiulini e i voti in condotta, i concorsi truccati, il baronaggio, la valutazione "aziendale" della qualità della didattica e dei servizi, i contratti precari e il blocco del turn over e così via. E questo è già tanto da imparare per tanta sinistra, ma è poco rispetto a quello che è realmente in campo. In campo infatti c'è tutto: dal welfare alle forme della politica e della democrazia. In campo c'è un'analisi incarnata, aggiornata e contemporanea del capitalismo. Leggere con attenzione non fa male e chi vuol intendere intenda. Intenda per esempio che l'autoriforma, che a partire da queste due giornate costruirà un lungo processo costituente di cambiamento e di conflitto, sa meglio di chiunque altro come costruire un'università e una scuola pubbliche, libere dal controllo statale e del mercato. E sa anche come riprendersi tutto, come declinare il terreno della precarietà, del lavoro e della sua organizzazione.Interroga la contemporaneità dell'esperienza viva e smette di ricercare nel passato la soluzione dei problemi del presente. Chiede il reddito come proposta di superamento dei vecchi e ormai disfatti strumenti del diritto allo studio (diretto, in forma di erogazione monetaria e indiretto, in forma di servizi come casa, trasporti, accesso alla cultura) come redistribuzione della ricchezza che è stata sottratta. Non è un caso se alla convocazione dello sciopero generale della Cgil per il 12 dicembre se ne affianca un'altra, quella del movimento, per uno sciopero generalizzato: un intreccio e un dialogo che non è ne una subordinazione né tantomeno un'affidamento. L'opposizione sociale si dispiega e non lo fa banalmente: realizza l'abbattimento di tutti gli steccati classici della rappresentanza. Steccati che non possono più reggere ora che la crisi economica squaderna davanti a noi chiare connessioni e mescolanze sul terreno delle nuove figure del lavoro e dei processi produttivi. L'onda ha denudato tutto con una sola mossa facendo quello che nessun partito d'opposizione era riuscito a fare con le proprie manifestazioni, tutte all'insegna dell'autorappresentazione nella crisi: divellere il consenso diffuso intorno al decisionismo securitario su cui il governo Berlusconi aveva prevalso alle elezioni e impostato quest'inizio di legislatura. E' con questo che tutti, a destra e a sinistra, hanno dovuto fare i conti. E' per questo che l'irrapresentabilità è oggi l'unico terreno possibile in questo tempo e in questo spazio di ricerca aperta e di costruzione di senso diffuso, non "fuori dalla politica" ma invece al suo cuore che è la parola e l'agire collettivo. A sinistra, almeno, sarebbe bene intenderci.
Elisabetta Piccolotti (portavoce nazionale Giovani Comunisti/e)
sabato 15 novembre 2008
On Di Pietro, lei si vergogna almeno un pò?
Piero Sansonetti (direttore http://www.liberazione.it/)
Meno male che ci sono loro.........
L'ipocrisia delle "novità" introdotte dalla ministra Gelmini
G.R.
I FATTI E LE MENZOGNE : VERSO LA DISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ PUBBLICA
Il Governo ha fatto ricorso all’ennesimo decreto legge, al di fuori delle ipotesi previste dall’art. 77 della Costituzione, questa volta per sedare la rivolta scoppiata negli atenei contro i tagli previsti per la spesa universitaria, il blocco sostanziale del turn-over dei docenti, la privatizzazione progressiva del sistema universitario nazionale. Obiettivo dell’intervento del governo - che si articolerà anche in altri provvedimenti o linee guida che dovranno essere emanati per la governance degli atenei, per la valutazione, per lo stato giuridico, per il dottorato ed il reclutamento - è stato innanzitutto quello di contrastare il brusco calo di consensi registrato nei sondaggi durante le settimane della protesta studentesca e dividere il fronte dei docenti dagli studenti. Ancora una volta, con misure che appaiono preordinate più a sortire un “effetto annuncio” che a risolvere i problemi che affliggono l’università italiana. Sarebbe stato semmai necessario e urgente intervenire con un decreto legge per restituire alle università tutte le risorse sottratte dalla legge 133, e riportare la spesa per le università italiane alla media europea, riservandosi poi di intervenire con una legge ordinaria sullo stato giuridico dei docenti, sulle procedure di reclutamento e sugli strumenti concorsuali per la progressione delle carriere. Con l’intervento sui concorsi si innescano anche all’interno delle diverse fasce docenti false prospettive di progressione di carriera, per tentare di dimostrare poi agli studenti la natura “corporativa” della mobilitazione dei professori e dei ricercatori.
Il provvedimento adottato dal governo il 6 novembre “restituisce” ai rettori, ma solo agli atenei “virtuosi”, una parte dei tagli operati con la legge 133 approvata nell’agosto di questo anno, ed accorda 200 milioni di euro per il 2009, al fine di garantire il diritto allo studio universitario, attraverso alloggi, residenze, borse di studio. Nessuna modifica dei tagli previsti a partire dal 2010 e per gli anni successivi dalla legge 133 che sottrae agli atenei italiani una media di trecento milioni di euro per anno. Tutto questo mentre oggi, secondo dati OCSE la spesa annuale per studente è di 12.446 dollari in Germania, di 10.995 dollari in Francia e soltanto di 8.026 dollari in Italia. Non si comprende come la Conferenza dei Rettori (CRUI) possa ritenersi soddisfatta del decreto legge dopo che aveva richiesto “una urgente riconsiderazione delle condizioni finanziarie determinate dai recenti provvedimenti del governo che porterebbero a situazioni del tutto insostenibili per l’intero sistema a partire dal 2010”. Un ennesimo cedimento che spiana la strada ai provvedimenti adottati dal governo, dopo che già lo scorso luglio, era bastato che il ministro Gelmini annunciasse un tavolo di confronto ( poi mai partito) per fare rientrare la protesta dei rettori prima dell’approvazione della legge taglia-fondi 133, poi avvenuta il 4 agosto, quando le università si erano ormai svuotate.
Punto centrale del decreto legge è la revisione del sistema di reclutamento dei docenti e dei ricercatori. Un sistema che, attualmente, funziona in base a una vecchia normativa, ripristinata in seguito alla mancata applicazione della legge Moratti (n. 230/2005) e alla bocciatura da parte della Corte dei Conti del disegno di riforma messo a punto successivamente dall'ex ministro Fabio Mussi. Le ultime decisioni dell’esecutivo, subito accolte con sollievo dal Presidente della Repubblica, che ha ritenuto di nuovo aperto un canale di dialogo tra maggioranza ed opposizione, hanno avuto un effetto immediato. Diversi Rettori hanno espresso la loro valutazione favorevole e si sono detti disponibili ad aprire un confronto. Vedremo presto quali saranno i “frutti” di questo rinnovato “clima di confronto”. Anche i rappresentanti del principale partito di opposizione hanno espresso il loro compiacimento per quello che considerano come un successo della protesta di queste settimane, riservandosi di entrare nel merito del testo del decreto dopo la sua pubblicazione, come se le concessioni “elargite” dal governo sui finanziamenti e sulle linee guida per i futuri interventi sull’università costituissero l’inizio di una fase di trattative in vista di una riforma organica. I vertici amministrativi hanno tirato un sospiro di sollievo perché le misure adottate dal governo consentivano loro di “tirare a campare” ancora per un anno. Come se non fosse scontato, anche alla luce dei dati diffusi dal ministero che a partire dal 2010, se i tagli imposti da Tremonti venissero confermati, l’intero sistema universitario nazionale si avvierà verso il blocco di interi corsi o la chiusura degli accessi, in ogni caso con un aumento vertiginoso delle tasse universitarie. E lo sblocco del turn-over appare una misura più fittizia che reale. Per ora sono in sette ma già dal prossimo anno, e soprattutto dal 2010, il gruppo degli atenei colpiti dal decreto legge blocca-concorsi potrebbe crescere considerevolmente ad oltre la metà degli atenei italiani. A medio e lungo termine il numero dei docenti universitari sarà comunque dimezzato ( o quasi) e questo dato comporterà una riduzione indiscriminata dell’offerta didattica e delle attività di ricerca con una ulteriore perdita di competitività del sistema universitario nazionale.
Il decreto legge varato dal Governo blocca dunque il reclutamento di ricercatori, associati e ordinari nelle università che dedicano agli assegni fissi per il personale più del 90% del fondo statale, dopo anni di continue riduzioni del fondo di funzionamento ordinario (FFO). La situazione di questi atenei non poi tanto lontana da quella della maggioranza delle sedi universitarie. L’effetto di blocco della misura viene oggi ( ma non si sa quanto domani) ad interessare un numero ridotto di atenei (in rosso), mediante l’adozione di particolari correttivi che ne salvano altri già in gravi difficoltà, tenendo conto della presenza dei policlinici universitari a gestione diretta. Secondo il Sole 24 ore, “fino al 2008. Il conteggio del rapporto fra spese di personale e Fondo statale è stato ogni anno alleggerito da una serie di correttivi in favore degli atenei, tra cui spicca quello che impone di conteggiare per 2/3, e non per intero, il personale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale nelle facoltà di medicina. Senza lo "sconto", a sforare il tetto sarebbero in 26, tra i quali anche l’Ateneo di Palermo, cioè quasi la metà dei 58 atenei statali, e poi in pratica quasi tutte le università dovrebbero bloccare le procedure concorsuali. Una prospettiva che non è comunque scongiurata, secondo i diretti interessati: «I concorsi – secondo Augusto Marinelli, rettore di Firenze – devono avere una copertura pluriennale, per cui nei fatti lo stop ai concorsi scatterà per moltissimi già il prossimo anno». Nel 2010, infatti, il fondo ordinario dovrebbe essere ridotto di 659 milioni, attestandosi intorno ai 6,8 miliardi, e nel 2011 dovrebbe scendere verso i 6,2. Ovvio che, diminuendo l'estensione della base di calcolo, il peso percentuale degli stipendi cresce proporzionalmente”.
Il decreto legge approvato il 6 novembre dal governo non risolve i problemi finanziari delle università e si inquadra all’interno di una logica di sottofinanziamento delle università pubbliche a tutto vantaggio degli enti universitari privati, che proprio in questi giorni hanno intensificato le loro campagne pubblicitarie. Come si osserva in un recente articolo del Sole 24 ore “oltre all'analisi dei tagli agli atenei contenuti nella Finanziaria per il 2009, c'è anche quella degli importi assegnati alla missione "Istruzione universitaria" dal disegno di legge di bilancio per il prossimo anno. Nella missione "Istruzione universitaria", divisa in 3 programmi, la dotazione è di 8.549,3 milioni di euro per il 2009, 7.844,5 milioni per il 2010 e 7.037,5 milioni per il 2011. La prima tabella, elaborata su dati del Servizio studi della Camera, nasce dal confronto tra gli importi assegnati a ogni programma con quelli del triennio successivo, dove verificare le riduzioni rispetto alle previsioni assestate di bilancio 2008, che escludono i tagli derivanti dai Dl 93/08 (Ici) e Dl 112/08 (manovra d'estate). Le riduzioni più forti contenute nel ddl di bilancio per il 2009 sono concentrate nel programma sistema universitario e formazione post-universitaria, che scende verticalmente da poco più di 8mila milioni di euro a 6.496,5 milioni nel 2011 (meno 1.645,5 milioni di euro). Negli importi assegnati dal ddl bilancio per il diritto allo studio, dove si concentrano i fondi per borse di studio, prestiti d'onore, contributi per alloggi , residenze e collegi universitari e attività sportiva, si registra un calo che supera il 60% nel 2011 rispetto alle previsioni assestate 2008. Di fronte a questo dato i duecento milioni di euro accordati dal decreto per il diritto allo studio sono soltanto un palliativo.
Sono proprio i tagli programmati complessivamente per i prossimi anni, confermati ancora una volta, che rendono del tutto strumentale la concessione delle risorse apportate dal decreto legge approvato dal governo il 6 novembre scorso. Un vero e proprio contentino per calmare le acque, portare in approvazione il decreto legge sotto Natale, quando le università si saranno svuotate, e garantire agli atenei la sopravvivenza per un anno. Non stupisce dunque la risposta negativa del movimento degli studenti e dei docenti riuniti a Firenze sabato 10 novembre.
Studenti e docenti sanno ormai che contro il disegno di dismissione dell’università pubblica, condiviso dal governo e da buona parte dell’opposizione, che ha aperto anche sulla possibilità della trasformazione delle università in fondazioni, l’unica strada praticabile a questo punto rimane l’autoriforma dal basso dell’università, mantenendo alta la mobilitazione, a partire dalla pratica di una nuova didattica, con una diversa fruizione dei tempi e degli spazi, ma anche moltiplicando le occasioni di controllo democratico e di denuncia della gestione amministrativa degli atenei, del reclutamento e delle carriere..Occorre anche costruire a livello locale occasioni autogestite di incontro con il mondo per lavoro e con le associazioni del terzo settore per costruire nuovi percorsi per il passaggio ( nei due sensi) dalla fase della formazione alla fase dell’impegno lavorativo.
Di fronte ad una situazione di emergenza, questa si vera emergenza, prodotta progressivamente negli anni passati e aggravata di un colpo dai provvedimenti di taglio delle risorse adottati dal governo con a legge n.133 del 4 agosto 2008, il ministro Gelmini sostiene adesso necessario il ricorso alla decretazione d'urgenza per modificare le procedure dei concorsi universitari già banditi, ma per i quali non si è ancora formata la commissione a seguito dell’espletamento delle procedure elettorali. Una argomentazione che contrasta non solo con l’art. 77 della Costituzione, ma con il principio di parità dettato dall’art. 3 e con il principio di imparzialità e di buon andamento della pubblica amministrazione, affermato dall’art. 97 della Costituzione. Un intervento su concorsi già banditi, per i quali i candidati hanno già presentato domanda, mentre sono in corso le procedure per la selezione dei commissari appare infatti lesivo degli interessi dei concorrenti, della parità di trattamento, e del principio di buona amministrazione, differenziando i candidati alle diverse valutazioni comparative indette con lo stesso bando, sulla base del momento di formazione della commissione concorsuale, e dunque foriero di un vasto contenzioso amministrativo che rallenterà o bloccherà del tutto l’iter concorsuale in numerosi settori disciplinari ad elevata conflittualità. Secondo Andrea Lenzi, presidente del Cun, il Consiglio universitario nazionale, «ciò significherebbe rinviare le comparazioni valutative per le progressioni di carriera di circa 20mila ricercatori e altrettanti associati».
La soluzione inventata all'ultimo minuto in Consiglio dei Ministri sulla formazione delle commissioni nei concorsi ad ordinario e ad associato, ripescando l’elezione di una “rosa” ( seppure allargata) di commissari da eleggere prima del sorteggio, mantiene in capo alle oligarchie accademiche tutti i poteri di cooptazione che hanno prodotto la “parentopoli” universitaria, ancora una volta modificando tutto in apparenza, senza mutare niente nella sostanza. Le modifiche apportate in extremis al decreto riproducono il sistema esistente con modifiche marginali ed eliminano comunque ogni residuo fondamento allo 'stato di emergenza' invocato dal Ministro Gelmini per giustificare il ricorso allo strumento del decreto-legge sui concorsi già banditi, in quanto si prevedono procedure il cui espletamento potrebbe durare ancora più a lungo di quelle attuali, senza alterare, anzi accentuando la “logica di scambio” tra i diversi gruppi nella fase del reclutamento. Come osserva un recente documento dell’ANDU “ quanto approvato non cambia nulla rispetto alle norme attuali. Fino ad oggi la commissione veniva composta dal membro interno (colui al quale era stato 'assegnato' il posto per poterlo 'girare' al suo allievo) e lo stesso membro interno invitava quattro colleghi, per i posti a professore, e due, per i posti a ricercatore, a candidarsi per farsi eleggere nella commissione. Da domani, invece, il membro interno chiederà a dodici colleghi, per i posti a professore, e a sei colleghi, per i posti a ricercatore, di candidarsi per farsi eleggere nella rosa da cui sorteggiare i quattro (e due) membri della commissione”. Con i poteri di controllo su scala nazionale che hanno consolidato i gruppi baronali che controllano tutti i settori disciplinari, continuerà ad essere un giochino assai facile pilotare le elezioni per rendere inefficace l’esito, qualunque sia, della successiva fase del sorteggio. Sembrerebbe che a questo “cambiare tutto per non cambiare nulla” abbiano dato il loro contributo anche il ministro Brunetta ed il solito Gianni Letta, braccio destro di Berlusconi. C’è sempre qualcuno, evidentemente, che provvede a coprire le malefatte di quelli che poi chiamano “baroni”, per disorientare gli studenti e farli cadere nella trappola delle presunte strumentalizzazioni che si denunciano la mattina e si praticano la sera.. Sembra dunque assai appropriato il commento di Giuliano Cazzola del Pdl: "Si complicano le procedure senza mutarne la sostanza".
L’allungamento dei tempi delle procedure concorsuali avrà conseguenze devastanti anche a fronte della conferma dei tagli previsti per i fondi di funzionamento ordinario (FFO)a partire dal 2010. Per molte università i concorsi banditi con le nuove regole, o quelli bloccati in attesa di ricomporre le commissioni con le nuove regole, potrebbero essere anche gli ultimi concorsi prima di sprofondare nel limbo degli atenei in rosso, esclusi per questo dalla possibilità di bandire anche un solo posto. Un effetto che non sarà certo impedito dall’alleggerimento del blocco del turn-over, e che si produrrà anche qualora gli atenei volessero ( o meglio fossero costretti a ) trasformarsi in fondazioni a causa dei tagli ai finanziamenti e della durata e della complessità delle procedure previste per questa fase. Un eventuale scorporo dei policlinici, facendo cadere i fattori correttivi più favorevoli, potrebbe fare precipitare il rapporto tra spesa complessiva e spesa per gli stipendi, portando alla paralisi anche gli atenei che oggi si sentono al sicuro ( almeno per il prossimo anno). Gli atenei siciliani, nell’incerta prospettiva di scorporo dei policlinici universitari, con le università di Catania e Messina già al centro di indagini da parte della magistratura, potrebbero pagare un prezzo altissimo per effetto delle misure adottate o annunciate dal governo.
La protesta universitaria di queste settimane, a Palermo come nel resto d’Italia, non ha intaccato il diritto allo studio di quanti sono iscritti ai corsi universitari, come si è voluto fare credere per delegittimare le ragioni della protesta. Saranno invece le scelte di Tremonti, Brunetta e della Gelmini, autentici referenti politici di quella che è stata definita la “maggioranza silenziosa” degli studenti (che non ha partecipato alle iniziative di protesta rivendicando la esigenza di proseguire con la didattica quotidiana), che “chiuderanno” le università nei prossimi anni, determinando in molti corsi le condizioni per il blocco delle attività didattiche, la reintroduzione del numero chiuso ed un aumento incontrollabile dei costi necessari per iscriversi all’università. A tutto vantaggio delle università private e di quanti vi potranno ancora accedere.
Le manifestazioni unitarie che hanno coinvolto ancora una volta studenti, docenti e personale tecnico-amministrativo al’indomani dell’approvazione del decreto, e le decisioni maturate sabato 8 novembre nell’assemblea nazionale di Firenze, confermano come, al di là dei cedimenti dei partiti di opposizione, il movimento sia più vivo che mai e possa rendere ancora assai critica la prossima fase di ratifica da parte del parlamento di quanto deciso ieri dal governo. La domanda di giustizia sociale e di futuro espressa in questi giorni dagli studenti medi ed universitari e da molti docenti, di fronte ad una crisi economica senza precedenti, va ben oltre le misure tampone decise dal governo. E’ forte la determinazione del movimento degli studenti e dei docenti medi ed universitari di collegarsi alle altre aree di conflitto ed alle realtà organizzate di lavoratori, pensionati, migranti e precari in lotta in questo periodo. Una determinazione che si dovrebbe tradurre presto in una mobilitazione unitaria, verso lo sciopero generale, soprattutto in occasione della discussione della legge finanziaria e dei provvedimenti collegati.
Giurisprudenza - Università di Palermo
martedì 11 novembre 2008
UNIVERSITA', DAL GOVERNO TANTE PAROLE MA NULLA DI FATTO
Il Decreto legge recentemente approvato fa emergere le difficoltà del Governo rispetto alle grandi mobilitazioni di queste settimane mostrando come il conflitto serva e che la lotta per la tutela dell’università pubblica debba proseguire senza cedimenti, anche perché nessuna risposta viene data rispetto alle grandi questioni sollevate dall’Onda. Il governo, con la complicità del partito democratico che ha deciso di vestire il ruolo di mediatore di conflitto, mostra i primi segni di cedimento e scommette sulla smobilitazione attraverso un provvedimento fantoccio in cui, dietro la parvenza di alcune piccole concessioni, mantiene solido l’impianto regressivo presente nella legge 133 che deve essere seplicemente ritirata. Prevedibile la reazione accondiscendente della finta opposizione parlamentare e di alcuni rettori che fin dall’inizio hanno vissuto con imb arazzo il ruolo di agenti di conflitto e trovano oggi il pretesto per tirarsene fuori.Nel decreto si confermano i tagli. Questo porterà gran parte degli atenei a sforare i vincoli di bilancio nei prossimi tre anni facendo scattare quasi ovunque il blocco di fatto delle assunzioni con ricadute gravi su didattica e ricerca. Permane inoltre la possibilità, che per alcuni atenei diventerà una necessità, di trasformarsi in fondazioni di diritto privato. Pertanto l’approvazione del decreto non fa in alcun modo venir meno le motivazioni della protesta.Ciò premesso crediamo che le novità introdotte dal governo vadano analizzate nel particolare. Moderatamente positivo è il nostro giudizio sulle nuove regole per il reclutamento dei ricercatori (abolizione di scritti e orali, membri esterni nominati per sorteggio, criteri unici nazionali per la valutazione dei titoli), perché vanno nella direzione auspicata dalla parte sana del mondo accademico e dalle associazioni dei precari. Dobbiamo però tenere alta l’attenzione sulla definizione dei criteri di valutazione che il governo non specifica e che a nostro avviso andrebbero discussi democraticamente, non demandandone la definizone solo al Consiglio Universitario Nazionale, facilmente esposto alle pressioni dei potentati accademici.Positiva è l’introduzione del vincolo di destinazione del 60% del budget all’assunzione di nuovi ricercatori che recepisce la richiesta di contrastare le piramidi rovesciate favorendo potenzialmente l’ingresso di giovani ricercatori attualmente destinati a infoltire la già troppo vasta schiera dei lavoratori precari. Ma il governo non si smentisce inserendo nel decreto la clausola con cui si consente alle università di utillizzare quelle risorse per assumere ricercatori a tempo indeterminato o determinato. Questa formulazione, oltre a costituire un grave passo verso la definitiva precarizzazione della figura del ricercatore universitario, vanifica di fatto il vincolo di destinazione.
È infatti prevedibile un aumento di assegni precari della durata di sei mesi in modo da recuperare rapidamente risorse da utilizzare quasi esclusivamente per gli avanzamenti di carriera . Chiediamo un investimento straordinario per il reclutamento di nuovi ricercatori a tempo indeterminato o, in subordine, si dovrebbe quanto meno stabilire che i soldi recuperati alla scadenza di un contratto a T.D. non possano essere utilizzati per finanziare gli avanzamenti di carriera. Chiediamo inoltre che la figura del ricercatore a tempo determinato divenga sostitutiva non del ricercatore a tempo indeterminato, ma di tutte le altre figure precarie prive dei diritti fondamentali del lavoratore (maternità, ferie, orari, tutela della salute e della sicurezza, tredicesima mensilità, protezione in caso di vacanza contrattuale, contributi previdenziali) attualmente presenti nelle università e negli enti di ricerca.Per quanto riguarda i concorsi da professore ordinario e associato, la novità introdotta del sorteggio nell’ambito di una rosa di nomi precedentemente eletta non avrà di fatto alcun impatto sostanziale sullo svolgimento dei concorsi stessi. Quindi avrà solo l’effetto di allungare i tempi dei concorsi già banditi dal momento che, visti i tagli, difficilmente ve ne saranno altri.Condividiamo la scelta di mantenere il piano di reclutamento straordinario approvato dal governo Prodi e di escludere i 3000 posti ancora da bandire dai vincoli sul turnover. Il governo deve però cancellare il comma del decreto che esclude gli atenei “non virtuosi” dall’assegnazione di questi posti, facendo ricadere sui giovani e i precari le responsabilità finanziarie di organismi amministrativi alla cui elezione essi attualmente non partecipano. Tale novità è addirittura peggiorativa rispetto alla stessa legge 133.Piccole novità procedurali per abbasire dunque lo spirito critico di rettori e partiti centristi di pseudopposizione. Ben poco rispetto alla domanda di civilizzazione espressa dall’Onda anomala che per questo non ha ragioni per smobilitare. Il 14 il grande sciopero del comparto universitario che vedrà riversarsi ancora una volta decine di migliaia di studenti e ricercatori nelle strade di Roma, e poi, il 15 e il 16, l’assemblea nazionale del movimento in cui riaffermeremo le ragioni della nostra lotta, rivendicheremo la nostra opposizione alle politiche di questo governo ma anche alle complicità malcelate del PD e delle forze centriste. Saremo ancora una volta in piazza per gridare il nostro progetto di università di massa e di qualità dentro un modello di società libero dallo scontro irrazionale tra capitali.
sabato 8 novembre 2008
RIUNIONE GIOVANI COMUNISTI/E
La riunione si terrà in via Lincoln, 3 (traversa di Corso dei Mille, poco prima del commissariato di Polizia) alle 17.
Gianluca Ricupati
giovedì 6 novembre 2008
GELMINI HA LE MANI LEGATE
Le commissioni, a loro volta, sono bloccate perché non hanno ancora ricevuto il parere della Conferenza delle Regioni. Che in realtà si sono espresse dicendo a chiare lettere che non può esserci alcuna collaborazione con il governo centrale. La Gelmini ha chiesto al ministro per gli affari regionali Raffaele Fitto di trovare una soluzione.
domenica 2 novembre 2008
Università e scuola in movimento: il sogno di Carla
sabato 1 novembre 2008
Lettera a una studentessa
Nichi Vendola