Giovani Comunisti/e circolo "Peppino Impastato" Partinico (PA)

sabato 23 maggio 2009

NON FACCIAMO MORIRE GIOVANNI FALCONE PER LA SECONDA VOLTA!

A distanza di 17 anni dalla strage di Capaci, è ancora vivo il ricordo del giudice Giovanni Falcone, di sua moglie Francesca e degli uomini della sua scorta, Antonio, Rocco e Vito, fatti esplodere da mano mafiosa il 23 maggio del 1992.

Ricordare, ed è questo ciò che forse oggi conta sottolineare maggiormente, non deve diventare soltanto un mero rituale da compiersi, come vuole la tradizione, anno per anno.

Ricordare e tenere viva la propria memoria significa imparare dal passato, assumere la vita di coloro che hanno compiuto il loro dovere in nome di una terra libera, come modello ed esempio di dignità umana.

“Occorre compiere fino in fondo il proprio dovere, qualunque sia il sacrificio da sopportare, costi quel che costi, perché è in ciò che sta l'essenza della dignità umana” sottolineava il giudice Falcone. Un uomo che probabilmente non avrebbe mai accettato di essere definito un eroe, consapevole che la straordinarietà e l’importanza del proprio lavoro derivava dal fatto che erano quasi tutti altri a tacere e piegare la testa al sistema mafioso, compresi molti dei suoi stessi colleghi.

“Chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola”.

Alla commemorazione del giudice Falcone, Paolo Borsellino disse: «La lotta alla mafia non deve essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale, che abituasse tutti a sentire la bellezza del fresco profumo di libertà che si contrappone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità».

Oggi il puzzo che Borsellino denunziava lo si sente di nuovo, forse più forte di prima. La politica si è trasformata in cordate di interessi, contaminazione fra apparati dei partiti, mondo affaristico-economico e malaffare. Ne sono figli il clientelismo e varie forme di illegalità, fino alla corruzione e alle collusioni con la mafia.

Chi tresca con mafiosi offende questa memoria. Ed il tradimento si moltiplica se la società civile, invece di indignarsi per queste vergognose contiguità o complicità, si tura il naso fingendo di non sentire il puzzo. O cerca di esorcizzarlo autoconvincendosi che così va il mondo e non c'è nulla da fare.

Inquietanti, preoccupanti e scandalose sono le recenti indagini che settimana dopo settimana svelano il vero volto dei politici, siciliani e non: accuse di voto di scambio, concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione e tangenti, ecc..

Abbattere la sintesi tra Sicilia e sistema mafioso è una priorità: non c’è sviluppo senza legalità e non c’è legalità senza l’onestà intellettuale di ognuno dei 5 milioni di abitanti della nostra bella isola. Isoliamo i protagonisti di una vita politica e sociale corrotta fino all’osso. Non facciamo morire Giovanni, Francesca, Antonio, Vito e Rocco per la seconda volta.

Giovani Comunisti/e – circolo Peppino Impastato Partinico

1 commenti:

Alessandro ha detto...

E' bene non dimenticare uomini che hanno sacrificato la vita ben oltre il loro ruolo istituzionale, per un domani migliore, ma credo che l'attenzione non debba concentrarsi solo sui giudici martirizzati dalla mafia (che è uno dei tanti problemi che affliggono il paese), ma debba ridestarci dal torpore delle mode dei media, e aiutarci a tenere continuamente presente pure le vittime del terrorismo, quelle dei pregiudizi razziali, quelle dell'ingiustizia sociale... Non per un'amorevole (ma in sé sterile ricordo), bensì per comprendere gli errori del nostro presente e maturare una coscienza civica che consenta di migliorare davvero il domani, tutti insieme, da cittadini, e prima ancora da uomini e donne.