Giovani Comunisti/e circolo "Peppino Impastato" Partinico (PA)

venerdì 12 giugno 2009

La mafia ringrazia

di Giuseppe Di Lello su Il Manifesto del 11/06/2009

Il vero problema per le intercettazioni telefoniche era quello della loro pubblicazione e, quindi, del rispetto della privacy di persone che, seppur non implicate nelle indagini, venivano sbattute in prima pagina, spesso a causa della loro notorietà. Il governo però ha preso al volo l'occasione per regolare i conti con il sistema stesso delle intercettazioni, con i magistrati e con la stampa, uniti in una specie di «grumo eversivo» che in questi ultimi anni tanto danno ha fatto agli affari berlusconiani, pubblici e privati.
In un Paese afflitto da una cronica elusione delle leggi, la maggioranza di centrodestra sta rendendo ulteriormente complicato i controlli di legalità e, procedendo a colpi di voti di fiducia, oggi frena le indagini e imbavaglia la stampa come antipasto al già depositato progetto di riforma del processo penale che lo allungherà in ossequio alla certezza non della pena, ma della prescrizione.
Le modifiche alle intercettazioni prescindono, innanzitutto, dal necessario carattere d'urgenza e tempestività richiesto dalle circostanze. La richiesta del pm infatti deve essere vistata dal procuratore capo e inviata non più al gip del tribunale competente, ma al gip del tribunale del capoluogo del distretto della corte d'appello nel cui ambito ha sede il gip competente che, poi, dovrà decidere in composizione collegiale. Cioè se, per esempio, il gip competente è quello di Agrigento, la richiesta va inviata al gip del tribunale di Palermo che, appunto, è il tribunale del capoluogo del distretto. Alla sicura perdita di qualche settimana di tempo, si deve aggiungere che l'intercettazione può essere disposta solo se vi sono «gravi indizi di colpevolezza» ed è «assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini»: ma ciò attiene già ad una fase di acquisizione di prove abbastanza tranquillizzante per l'accusa e, pertanto, l'intercettazione sarebbe assolutamente superflua.
Le intercettazioni non possono durare più di trenta giorni, prorogabili per altri trenta giorni in due volte, ma per una serie di reati gravi i termini possono essere prorogati per tutta la durata delle indagini preliminari e basta che ci siano sufficienti indizi di reato. E' abbastanza chiaro che queste modifiche restrittive comporteranno gravi intralci alle indagini, specie per i reati dei «colletti bianchi» che, a questo punto, saranno pressoché impossibili per il combinato disposto dei gravi indizi di colpevolezza e della tagliola temporale.
Seppur intralciate, di esse comunque non se ne potrà avere notizia «anche se non sussiste più il segreto, fino a che non siano concluse le indagini preliminari». Fatte salve le persone non implicate nelle indagini, perché ci deve essere un così pesante vulnus per il diritto all'informazione afferente, per giunta, anche a fatti sui quali non c'è nemmeno il segreto istruttorio?
I tempi delle indagini preliminari sono a volte lunghi - soprattutto quelli che riguardano la criminalità organizzata - e sulle grandi inchieste calerà un silenzio tombale, rafforzato da pesanti sanzioni sia per i giornalisti (per i quali è addirittura previsto il carcere) che per i magistrati.
E' proprio a partire dall'inizio delle indagini che il diritto all'informazione deve dispiegarsi nella sua interezza se si vuole un vero «controllo sociale» sulla effettività e completezza delle stesse specie ora che si profila all'orizzonte una notizia di reato sottratta ai pm e affidata interamente alla polizia e, cioè, all'esecutivo.
Avremo un paese imbavagliato a maggior gloria dei criminali che truffano lo Stato, corrompono, devastano l'ambiente e attentano alla salute o alla vita dei cittadini o degli operai nei cantieri, tanto per fare qualche esempio esemplificatorio e non esaustivo. A chi giova tutto ciò se non ad una maggioranza di governo che nell'illegalità diffusa trova un grande bacino di consenso sociale ed elettorale?
C'è però, ed è necessario che monti e si rafforzi, una altrettanto grande area di opposizione sociale ed istituzionale a queste norme liberticide, a partire dai magistrati, dalle forze di polizia e dalla stampa, fino ai «semplici» cittadini, tutti espropriati dal diritto-dovere di contrastare l'illegalità e di essere informati sulle malefatte del potere: la sinistra, dovunque essa sia, ha una ulteriore occasione di ritrovare compattezza intorno ai valori di legalità così palesemente calpestati.

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