Ma a differenza di quello che è accaduto nel 2002, non c’è stato un attacco diretto all’art.18 dello Statuto dei Lavoratori, questa volta il Governo, ottenendo l’identico risultato, peraltro perfettamente in linea con i principi ispiratori della Legge 30, ha attraverso un vile raggiro cancellato, con un colpo si spugna, il risultato di un secolo di lotte sindacali.
Profondo è lo sconvolgimento del sistema di risoluzione delle controversie di lavoro che porta ad una sempre più forte precarizzazione dei rapporti e ad un sempre maggiore squilibrio della forza contrattuale dei salariati nella “libera” dinamica dei rapporti di forza con il datore di lavoro, cui peraltro viene attribuita la facoltà di deroghe peggiorative rispetto a leggi e contratti collettivi.
Il punto di forza è il comma 9 dell’art. 33, laddove prevede la devoluzione all’arbitrato delle controversie insorte in relazione ai contratti di lavoro certificati dalle apposite commissioni, così sottraendo la tutela dei diritti dei lavoratori alla cognizione del giudice del lavoro.
Ricordiamoci che l'arbitrato è un istituto che prevede il deferimento ad un terzo del potere di decidere come comporre una controversia. Il terzo non è un giudice: per questo l'arbitrato si configura come una deroga alle regole in materia giurisdizionale. La cosa ancora più grave è che l’arbitro potrà decidere le controversie secondo equità, e cioè senza il rispetto di leggi e contratti collettivi.
Ma questo non è tutto, terrosticamente è stata prevista la possibilità, all’atto della stipulazione del contratto individuale di lavoro, momento di particolare debolezza della posizione del lavoratore, dell’inserimento di una clausola, detta compromissoria, con cui le parti si obbligano a devolvere le proprie eventuali future controversie ad arbitri. Una clausola che è considerata vessatoria nei contratti predisposti unilateralmente come di fatto possono essere ritenuti quelli di lavoro.
Ciò vuol dire che al momento dell’assunzione il lavoratore dovrà scegliere tra una inesistente tutela dei propri diritti e un pezzo di pane.
Le conseguenze di tale sovvertimento del diritto del lavoro sono evidenti: incertezza del diritto, virtualizzazione della tutela della posizione dei lavoratori nonché maggiori costi per salariati per ottenere una giustizia di terza classe.
Per di più questa disposizione va a indebolire i poteri del giudice del lavoro limitandoli al solo“accertamento del presupposto di legittimità” dei provvedimenti datoriali, escludendo quindi in radice ogni indagine sulla ragionevolezza degli stessi.
Ma questa è solo la Punta dell’iceberg perché la normativa è piena di tradimenti che si inseriscono perfettamente nel quadro generale di smantellamento dello Stato sociale delineato dalla nostra Carta Costituzionale,tra i quali possiamo ricordare l'articolo 32 che prevede una ridefinizione dei termini per l’impugnazione dei licenziamenti, dei contratti di collaborazione e dei contratti a termine, rendendo praticamente inaccessibile al lavoratore la tutela giurisdizionale dei propri diritti.
È ora di dire basta alla politica ad uso e consumo di Confindustria!
0 commenti:
Posta un commento