Siamo giunti ad un momento della storia italiana, ad un punto della deriva democratica, del collasso della struttura dei valori che costituiscono i cardini di una società che la situazione ci spinge ad essere polemici anche in un giorno come questo.
E lo facciamo consapevoli del fatto che dopo 18 anni il ricordo di Paolo Borsellino deve produrre qualcosa di più di una semplice commemorazione, perché quei valori che gli sono costati la vita (onestà, legalità, moralità) ancora oggi sono distanti anni luce in primo luogo dallo Stato e dalla politica.
Oggi, a distanza di molti anni, siamo nauseati dal “puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità” nella società, nelle istituzioni, di cui parlava Borsellino. Siamo disgustati dalla situazione politica attuale e dal modo in cui il nome di Borsellino viene adesso utilizzato.
Proviamo vergogna nel pensare che il ricordo di un uomo che ha compiuto fino in fondo il proprio dovere, consapevole di essere un “morto che camminava”, oggi sia commemorato da un movimento politico, i giovani del PDL, il cui partito mette in mostra personaggi come Dell’Utri, Cosentino, Berlusconi che ne è fondatore, uomini che Paolo Borsellino non avrebbe voluto neppure incontrare e che avrebbe fortemente contrastato di fronte a tentativi autoritari di imporre il bavaglio all’informazione e negare mezzi necessari alla magistratura per la lotta alla criminalità, come le intercettazioni.
Questo governo si vanta di una serie di arresti eccellenti e di una lotta alla criminalità senza precedenti, prendendosi dei meriti che vanno assegnati soltanto alle forze dell’ordine, che sempre più a fatica, nonostante tagli al personale, agli uffici, alla benzina, mettono in cella pericolosi latitanti e delinquenti.
Siamo amareggiati nel vedere come esista una gioventù, quella risorsa che, come diceva Borsellino, se avesse negato il consenso alla mafia ne avrebbe causato la scomparsa, attirata dal puzzo, dall’eclissi della questione morale, dalla visione della politica come mondo affaristico-economico e malaffare.
Oggi lo ricordano, ma a nostro parere ne offendono la memoria. Borsellino li avrebbe rifiutati, si sarebbe indignato dinanzi a contiguità di tal genere.
Parlano di lotta alla mafia al di là delle appartenenze politiche. Una frase che racchiude in sé un forte senso di ipocrisia, perché in questo caso le appartenenze contano, è importante sapere chi si stima, chi si considera il proprio padrino politico, chi fa parte del proprio movimento partitico.
Abbiano il coraggio di rinnegare la mafia, la collusione, la corruzione, la criminalità con i fatti e non con le parole o con una fiaccolata silenziosa. L’unico modo per onorarlo, per rendere Paolo Borsellino, un vero eroe, è prendere atto dei suoi insegnamenti e dei suoi auspici: per questo dovrebbero, soprattutto loro che sono giovani e, si spera, incontaminati, allontanarsi da un partito che pone sempre più sul piano etico e morale molti dubbi e un profondo senso di disgusto.
Giovani Comunisti/e
Circolo Peppino Impastato Partinico
1 commenti:
non sono certo un "rosso" o un "comunista", ma questo è un articolo con i fiocchi. Massimo rispetto per questi grandissimi EROI.
Rispetto a Paolo, Giovanni, Agostino, Walter, Vincenzo, Emanuela e Claudio.
Non dirò "non vi dimenticheremo mai".
perchè io parlo per me, quindi:
"io non vi dimenticherò MAI"
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