Giovani Comunisti/e circolo "Peppino Impastato" Partinico (PA)

giovedì 31 luglio 2008

C'è qualcosa di strano!

I supermercati e gli esercizi commerciali soprattutto di tipo alimentare a Partinico sorgono ormai come dei funghi. La situazione appare veramente paradossale.
L’economia partinicese è in crisi, come del resto quella di tutta Italia, ma ciò nonostante nascono settimanalmente nuovi negozi, ognuno dei quali ci aspettiamo faccia almeno un minimo di incassi che gli permettano di rimanere in vita.
A ciò si è unisce una vocina che ci è pervenuta all’orecchio dalle televisioni e da coloro che seguono la cronaca giudiziaria della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, ovvero l’allarme lanciato dai magistrati: adesso la mafia investe direttamente sui supermercati, oltre a chiedere il pizzo a quelli già esistenti. Non vogliamo accusare nessuno né tanto meno arrivare a conclusioni azzardate, però abbiamo riflettuto tanto sopra questo tema e ci siamo detti che soddisferemo la nostra utilitaria curiosità attraverso la redazione di un dossier che in questi mesi realizzeremo e che concretamente censisca la concentrazione delle attività commerciali medio-grandi di Partinico, che rimane pur sempre una cittadina di 30 mila abitanti e che invece sembra stia diventando una piccola metropoli dal punto di vista commerciale. Considerato per di più che tra qualche anno ormai sarà definitivamente terminata la costruzione della tanto desiderata (da altri e non da noi!) Policentro, la presunta salvezza (?!) dell’economia partinicese, temuta comunque dal punto di vista concorrenziale anche a Palermo. Dopo un analitico e scientifico censimento, metteremo sul campo delle questioni a cui noi tenteremo di dare la nostra risposta senza però confezionare alcuna verità assoluta. Anzi con la speranza di avviare un vivace e sereno dibattito sui temi sopra proposti. La nostra paura più grande è quella che alcuni dei proprietari degli esercizi commerciali più grossi che stanno nascendo siano soltanto dei prestanome di personaggi mafiosi che attraverso il sistema di guadagno illecito dispongano di capitali così alti da permettersi anche l’apertura e il mantenimento (in situazioni di guadagno instabile) di più esercizi commerciali alla volta.

giovedì 24 luglio 2008

Nelle Università è proclamato lo stato di agitazione

Aumentano giorno dopo giorno le iniziative di informazione e protesta contro il D.L. 112/2008 presentato dal Governo e che entro il 25 agosto dovrà essere convertito in Legge. Studenti, docenti, ricercatori e amministrativi si mobilitano contro l’ipotesi di abbattimento del sistema universitario nazionale. Si moltiplicano le prese di posizione ufficiali da parte degli organi accademici contro la proposta di tagliare mezzo miliardo di euro del Fondo di Finanziamento Ordinario; contro la volontà di ridurre di fatto le già basse retribuzioni dei nostri ricercatori che già in passato l’Europa ci invitò correggere, ma al rialzo; contro la limitazione al 20% del turn-over per gli anni 2009-2011, impedendo il necessario ricambio generazionale, con la conseguenza di un ulteriore invecchiamento dei nostri docenti e rendendo irreversibile il processo di precarizzazione della ricerca e delle vite dentro i nostri Atenei; contro la prospettiva, condivisa anche dal PD, di trasformare le nostre Università in fondazioni private con il rischio, vista la grave crisi economica, di una totale alienazione dei beni immobili pubblici in favore di enti privati che potranno gestirli arbitrariamente senza eccessivi vincoli di rendicontazione.
Mai un Governo nazionale si era spinto così oltre. La destra propone di abbattere decenni di conquiste sociali per un sistema universitario democratico e di massa, e lo fa, ironia della sorte, proprio quando si celebrano i quarant’anni dalle grandi mobilitazioni del ’68. All’epoca si lottava contro l’autoritarismo, per una maggiore partecipazione di studenti e lavoratori ai processi decisionali interni agli Atenei, per un’Università come spazio pubblico laico dove produrre sapere critico e coscienza di trasformazione. Oggi ci viene proposta l’immagine opposta di un sapere frammentato in atomi di conoscenza, con il diritto allo studio limitato da un’immagine elitaria dell’Accademia pensata quindi per riprodurre le disuguaglianze di classe presenti in società. Università privatizzate, tasse inaccessibili, concorrenza sfrenata tra atenei, precarizzazione delle carriere, contratti di diritto privato per docenti e amministrativi, corsi di laurea a numero chiuso. Questa è l’Università della destra al Governo, questa deve essere la ragione della nostra opposizione sociale e politica.
Rifondazione Comunista si impegna a promuovere ovunque iniziative di mobilitazione e di partecipare alle lotte democratiche di studenti e lavoratori della conoscenza ovunque esse si realizzino. Il nostro obiettivo è quello di sollecitare un grande movimento unitario che si opponga alla processo di distruzione dell’Università pubblica costringendo l’Esecutivo a ritirare questo decreto vergognoso sui cui Fini ha già dichiarato che probabilmente il Governo porrà la questione di fiducia. La destra si presenta con il suo volto più aggressivo e reazionario producendo un connubio pericoloso di autoritarismo e liberismo sfrenato. A questo dobbiamo saper contrapporre la forza d’urto di un Università in movimento, vitale e democratica. Dobbiamo gridare con forza la nostra idea di conoscenza come bene comune.
Chiediamo maggiori risorse per il diritto allo studio, perché vogliamo un’Università che non sia di pochi. Chiediamo l’abrogazione del numero chiuso in tutti gli Atenei, perché l’accesso alla conoscenza non può essere limitato per via amministrativa. Chiediamo un investimento straordinario per un reclutamento di nuovi ricercatori interrompendo il vortice della precarizzazione. Chiediamo una riforma della docenza, separando definitivamente reclutamento e carriera con un conseguente adeguamento stipendiale. Chiediamo insomma che l’alta formazione in Italia sia ciò che non è mai stata: una priorità per il legislatore, perché non ci può essere società veramente democratica senza un sistema di formazione pubblico e di massa.

domenica 20 luglio 2008

CARLO GIULIANI VIVE SEMPRE NELLE NOSTRE LOTTE

20 luglio 2001 - 20 luglio 2008: noi non dimentichiamo!

Sette anni fa, una moltitudine di persone di tutte le età e di diversa ispirazione ha attraversato Genova per esprimere condivisione intorno a grandi valori e generose finalità: la pace, la difesa dei diritti dei deboli, la solidarietà, il rispetto della vita e dell’ambiente, il rispetto della storia e della cultura di popoli diversi. Queste finalità sono mantenute vive da chi non ha perso memoria e passione.
Non si è riusciti ancora a fare piena luce sull’uccisione di Carlo Giuliani, i pestaggi per le strade, il massacro alla scuola Diaz e le torture avvenute alla caserma di Bolzaneto. Eppure, nonostante l’abbondanza di materiale documentale, hanno voluto travisare, nascondere, inventare, mentire. Non lasciamo la questione nel vago: chi ha travisato, nascosto, inventato, mentito? Funzionari di polizia, ufficiali dei carabinieri, periti, consulenti, magistrati.
È persino angosciante doverlo affermare perché chiamiamo in causa pezzi dello Stato e rappresentanti delle istituzioni. Ma è così! E purtroppo non c’è un solo fatto tragico che ha insanguinato e abbrutito il paese che non sia stato nascosto, travisato, avvolto nelle menzogne.
Da Portella della Ginestre a Piazza Fontana, dal suicidio (?) di Pinelli alla strage di Brescia e poi a Ustica, Bologna, passando per le troppe persone, quasi sempre giovani ammazzati per strada nel corso di manifestazioni o perchè non si erano fermati col motorino oppure ancora perché passavano per strada di notte o dipingevano un muro.
Tutto all’insegna dell’impunità che è il lasciapassare preferito di chi esercita la repressione.
Mercoledì 16 luglio presso il tribunale di Genova, sono state 15 le persone condannate con pene variabili tra i 5 mesi i 5 anni tra poliziotti, guardie penitenziarie, medici e infermieri accusati di vari reati tra cui lesioni, maltrattamento e falso. Questa la sentenza di uno dei tanti processi per le violenze ed i soprusi avvenuti, in particolare, nella caserma di Bolzaneto ai danni dei manifestanti arrestati e fermati durante il G8 di Genova del 2001.
Ma l’effetto dell’indulto, oltre a evitare il carcere a pseudofinanzieri e faccendieri italici protagonisti di crac e truffe rocambolesche, elimina la prospettiva della galera anche dall’orizzonte di moltissimi degli imputati e condannati per i fatti di Genova.
Con il ritorno di quella stessa destra, fascista e xenofoba come non mai, politicamente responsabile dei fatti di sangue di quei giorni genovesi, occorre dare vita ad una società dove non possa avvenire mai più ciò che è avvenuto a Genova: la sospensione delle garanzie democratiche. Per questa e tante altre ragioni siamo rimasti profondamente delusi dall’ ex maggioranza parlamentare dell’Unione ed in particolare dal partito di Di Pietro, allora ministro, che oggi fa il capo popolo in tema di giustizia, ma che meno di un anno fa fece votare i suoi camerati contro l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta che avrebbe avuto come compito quello di fare piena luce sui gravissimi fatti avvenuti a Genova durante il G8, così com’era previsto in quel programma dell’Unione del quale nessun punto è stato rispettato.
Convinti che solo facendo verità si possono costruire un paese e una società più democratica, vogliamo che siano accertate le responsabilità politiche e della catena di comando che non possono definirsi in un’aula di tribunale.
Hanno massacrato, hanno violentato, hanno ucciso Carlo, ma non hanno potuto recidere tutti i fiori che annunciano la primavera di “un altro mondo possibile”.

Giovani Comunisti/e circolo “Peppino Impastato” - Partinico

TUTTI UNITI NELLA LOTTA ALLA MAFIA

Dovevamo stare accanto a Paolo Borsellino...ora appoggiamo Pino Maniaci
Palermo come Beirut. Accadde 16 anni fa, il 19 luglio 1992. Quando in via d’Amelio un’autobomba predisposta da criminali mafiosi fece strage di Paolo Borsellino e dei poliziotti che lo scortavano. Commemorare questo sacrificio oggi ha un senso soprattutto se si cerca di fare un buon uso della memoria: capire la genesi delle tragedie verificatesi per provare ad impedire che se ne producano di nuove.
Ricordiamo ad esempio le parole dello stesso Borsellino che pronunciate il 23 giugno 1992, alla commemorazione di Falcone, sono come un suo testamento spirituale: «La lotta alla mafia (primo problema da risolvere nella nostra terra, bellissima e disgraziata) non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale, che coinvolgesse tutti, che tutti abituasse a sentire la bellezza del fresco profumo di libertà che si contrappone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità».
Oggi il puzzo che Borsellino denunziava lo si sente di nuovo. E si tratta di una diretta conseguenza dell’eclissi della “questione morale”.Questione morale significa trasformazione della politica in cordate di interessi, contaminazione fra apparati dei partiti, mondo affaristico-economico e malaffare. Ne sono figli il clientelismo e varie forme di illegalità, fino alla corruzione e alle collusioni con la mafia.Chi tresca con mafiosi offende questa memoria. Ed il tradimento si moltiplica se la società civile, invece di indignarsi per queste vergognose contiguità o complicità, si tura il naso fingendo di non sentire il puzzo. O cerca di esorcizzarlo autoconvincendosi che così va il mondo e non c'è nulla da fare.Abbattere la sintesi tra Sicilia e sistema mafioso è una priorità: non c’è sviluppo senza legalità e non c’è legalità senza l’onestà intellettuale di ognuno dei 5 milioni di abitanti della nostra bella isola.
Dobbiamo lavorare, ognuno nel nostro piccolo. E dobbiamo stare accanto a chi ha il coraggio di esporsi in prima persona per evitare che diventi un kamikaze della legalità, isolato e facile bersaglio di attacchi.
Dobbiamo ad esempio stare accanto al nostro Pino Maniaci che 2 giorni fa ha subito l’ennesimo vile atto intimidatorio.Il direttore di Telejato, che il 29 gennaio era stato aggredito dal figlio minorenne del boss Vito Vitale, rimane ancora al centro della morsa mafiosa in un comprensorio pericoloso come il nostro. Dichiarare che Leonardo Vitale, l’erede di Vito, ha ricevuto un’altra denuncia, questa volta per appropriazione indebita di un terreno, o sputtanare la libertà di Niccolò Salto, boss a passeggio nella limitrofa Borgetto, oltre alla costante attività antimafia e al fianco del cittadino comune, coincide con l’essere stato inserito nel libro nero di Cosa Nostra. E il suo nome sarà sottolineato più volte se la città nella quale e per la quale manda avanti Telejato non gli dimostrerà la vicinanza concreta facendo capire a questi mafiosetti nostrani che toccare Pino Maniaci significa toccare anche Partinico, a cominciare da noi Giovani Comunisti/e.

GIOVANI COMUNISTI/E Circolo "PEPPINO IMPASTATO" PARTINICO