Giovani Comunisti/e circolo "Peppino Impastato" Partinico (PA)

mercoledì 31 dicembre 2008

LA MEMORIA (DIMENTICATA) DI DANILO DOLCI

Dopo la commemorazione di ieri, di getto ho scritto questo articolo, che propongo agli amici del sito dei Giovani Comunisti/e. è semi-personale, non lo è del tutto perchè lo proporrò a qualche testata web, in modo da diffondere il messaggio che mi preme trasmettere.

L’Italia ha perso la sua memoria, senza rendersi conto del rischio altissimo che potrebbe porsi dinanzi: si studia, si analizza il passato per capire il presente e costruire meglio il futuro; se non si ricorda la storia il pericolo più imminente è quello di ricommettere gli errori del passato. Le spinte assolutistiche, ai limiti di una democratica dittatura, cominciano a farsi più palesi, sebbene la popolazione, soprattutto le vecchie generazioni, sembri non ricordare la più nera pagina della storia nazionale rappresentata dal Fascismo. Ora la situazione comincia forse a farsi più critica ed anche le personalità più importanti della nostra cultura italiana cominciano ad essere dimenticate. Sono parole dure, forse enfatizzate da un forte sentimento di delusione che ha preso quella ventina di persone, le quali in una gelida mattina hanno speso il loro tempo per commemorare l’11° anniversario della morte di Danilo Dolci. Chi era costui? Un sintetico articolo può essere riduttivo per descrivere le sue azioni e non mi sento in grado di ergermi a cantore della sua vita, avendo conosciuto persone che sono state a suo fianco nelle lotte sociali e civili intraprese dagli anni 50. È stato definito il Gandhi della Sicilia, ritenuto peraltro una delle figure di massimo rilievo della nonviolenza nel mondo. Arrivò nella Sicilia occidentale (Partinico, Trappeto, paesi in provincia di Palermo) e qui fu protagonista di una serie di azioni, oggi considerate per così dire un lampo di luce nell’oscurità di un tempo, che vedeva prosperare l’illegalità, lo sfruttamento, la povertà, l’indifferenza. Digiuni e scioperi a sostegno delle fasce più deboli, che chiedevano condizioni igieniche minime ad una degna sopravvivenza e lavoro, pilastro della nostra Costituzione nell’art. 1. Denunciò la mafia e i suoi rapporti con il mondo politico, attraverso l’attività di un centro studio da lui progettato ed avviato, ma considerato uno strumento inutile e quasi folle da una buona parte dei suoi concittadini. Da lì, invece, uscirono le prime vere accuse pesanti verso deputati democristiani (tra cui Mattarella), in un periodo in cui tutti calavano la testa al don di turno. Ottenne la sua vittoria nella costruzione della diga Jato (nei pressi di Partinico), un importante bacino artificiale considerato oro dai contadini delle campagne del comprensorio. Ebbene, il 30 dicembre, mentre la piazza del paese di Partinico era gremita di gente che gustava un caffè e leggeva il giornale, una dozzina di comunisti, un sindacalista, un ambientalista si sono riuniti davanti la sua casa (un edificio abbandonato in vendita per circa 30 mila euro: il Comune su fondi della Regione ne ha spesi 40 mila per delle mediocri festività estive!) e ne hanno ricordato il lavoro, illustrando a qualche giovane presente l’attualità del lavoro di Danilo. Viene in mente la commemorazione di qualche anno fa, quando arrivarono fondi da qualche ente e le cose si fecero in grande: quella volta il denaro si sperperò (non si sa se sia intervenuta qualche mano lesta), qualche iniziativa si organizzò e soprattutto i politici locali più anziani, molti dei quali avevano criticato aspramente il lavoro e la figura di Danilo quand’era ancora in vita, si fecero belli nelle loro passerelle davanti alla cittadinanza di profonda ammirazione verso quell’uomo. Quest’anno denaro in mezzo, su cui far mangiare qualche furbetto, non se n’è visto e Danilo Dolci è stato improvvisamente dimenticato. Concludo con dei versi di una sua poesia, che dubito oggi riscriverebbe: “ Vi sono grato / di non esservi vergognati di me / quando mi eran contro quasi tutti [...]/ Vi lascio / una vita scoperta intensamente / giorno per giorno: / ho cercato per voi / di guardare oltre l’attimo, vivendolo...”.

Gianluca Ricupati

martedì 30 dicembre 2008

PALESTINA LIBERA

Oggi alle 17.30, la comunità palestinese residente a Palermo ha organizzato un sit-in davanti alla Prefettura per esprimere solidarietà alle popolazioni della Striscia di Gaza colpite in questi giorni dai bombardamenti israeliani.

Giovani Comunisti/e di Partinico

lunedì 29 dicembre 2008

DANILO DOLCI

venerdì 26 dicembre 2008

IL NUOVO SISTEMA DI AFFIDAMENTO DEGLI APPALTI PUBBLICI

di Gianluca Ricupati - da Agoravox.it

Nessun bando e nessuna gara d’appalto: ecco la vittoria del sistema clientelare!

Mentre l’attenzione pubblica e mediatica si concentra su quello che è ormai definito “sistema Romeo”, il governo Berlusconi inserisce tra le righe di una delle ultime leggi-flash poche righe semi-nascoste che disintegrano la legalità, la trasparenza e la legittima concorrenza degli appalti assegnati da comuni, province, regioni o dallo Stato stesso. Al danno si aggiunge perciò la beffa: proprio quando vengono messe alla luce tecniche apposite per vincere appalti pubblici in apparenza regolari utilizzando conoscenze politiche e imprenditoriali, il capo d’accusa ai danni dell’imprenditore Romeo viene praticamente preso a far parte del sistema legislativo italiano. La legge 201 del 22 dicembre 2008 dà infatti la possibilità alle stazioni appaltanti di affidare lavori con un importo compreso tra i 100.000 e i 500.000 euro senza ricorrere a gare, bandi e controlli formali. Il dibattito al Senato verteva sulla necessità, come sempre definita improrogabile, di rendere più veloci e facilmente avviabili i lavori pubblici d’Italia.

Nessuno tra i banchi della maggioranza ha pensato però quali potessero essere le controindicazioni del decreto-legge, approvato solo qualche giorno dopo dal Parlamento. Il sistema clientelare, che soprattutto nel Mezzogiorno decide di fatto da che parte debba schierarsi il bacino elettorale di gente, cui i politici nostrani offrono mazzette e promesse di lavoro, può ora definirsi sistema nazionale. Non sarà necessario neppure truccare appalti, cosa non insolita di questi tempi: da ora, gli amici degli amici avranno campo libero e guadagni assicurati. Basterà una piccola raccomandazione (a suon di soldi o di minacce) presso il politico locale di turno per ottenere l’affidamento di lavori, per i quali prima erano richieste, attraverso pubblico e regolare bando, una serie di documentazioni che attestassero la compatibilità della società partecipante, nonché una determinata percentuale di ribasso sull’originario importo di base d’asta.

Mafia, camorra, ‘ndrangheta, piccole e grandi associazioni a delinquere, sono state ad osservare il tutto e, dopo la firma del Guardasigilli Angelino Alfano, hanno esultato e brindato.

Unica, ma a questo punto banale, nota positiva è da considerarsi l’emendamento proposto dai senatori del PD, accettato (a malincuore) anche dalla maggioranza: il limite per una stessa società di superare nell’arco di un anno l’importo di 500.000 euro”. Ma il trucco è facilmente intuibile e diversamente applicabile: più lavori possono ottenerli varie ditte, precedentemente accordate o comunque facenti riferimento (naturalmente non direttamente) alla stessa persona; sono oppure facilmente costituibili associazioni d’impresa, candidabili ad esser scelte attraverso il meccanismo dei prestanome. La torta dei lavori in ogni caso sarà necessariamente divisa tra gli amici e in modo più facile rispetto al sistema dei bandi, dell’asta e dei controlli a cui prima dovevano sottoporsi tutte le aziende interessate a lavori superiori ai 100.000 euro.

mercoledì 24 dicembre 2008

Interculturalità ai margini

Una sera come tante, camminavo per le strade di una città che non sento mia, come ogni giorno negli ultimi tempi, un passo dopo l’altro alienata in una realtà in cui una donna di trent’anni, laureata, vive ancora a carico della famiglia.
La solita strada, il solito umore, identico il mio umore, pochi soldi in tasca, nessuna tutela, pochissime speranze, in poche parole precarietà.
Ho lavorato durante gli studi e rinunciato ad uno stipendio, sicuramente non sufficiente ma sicuro per realizzare il sogno di lavorare per la tutela del lavoro. Sono stata manodopera altamente specializzata a costo zero.
Lavoro in splendenti, soffocanti, dorati palazzi riflesso della nuova borghesia palermitana. Giorno per giorno assisto al pochismo di una classe dirigente che non ha la più pallida idea di ciò che siano le istanze di una terra che ha tutte le potenzialità per affermare un giusto benessere. Una società in cui l’avere ha di gran lunga più significato dell’essere, in cui gli stereotipi, i pregiudizi ed i processi formativi allontanano l’uomo dall’uomo creando così una spaccatura che investe non solo il mondo dell’eticamente equo ma che si pone come limite ad un arricchimento economico.
Ma, ieri notte, per un momento, in mezzo al degrado che puzza di pesce, risucchiata nella versione notturna della celebre “Vucciria” di Guttuso, in un luogo in cui la radicata tradizione si unisce alla multiculturalità, tra gente che non appartiene all’affarismo, stranamente, per quanto estranea, mi sono sentita a casa.
Nello stesso istante in cui sentivo di essere inghiottita da un quotidiano senso di sfiducia e rassegnazione, un’emozione, che doveva essere qui, nascosta ed assopita in qualche angolo si è risvegliata.
La piazza piena di studenti, menti pensanti che, come me, prima o poi sceglieranno la fuga alla ricerca di una prospettiva all’amore per la propria terra. Coglievo la ricchezza di quel luogo, di quel momento di perfetto equilibrio tra origini e culture.
In un momento in cui si è tornati nelle piazze a rivendicare il ruolo della cultura e manifestare contro una riforma xenofoba, qual è quella delle contestate classi ponte, qui, nel cuore della città, si vive il fragile equilibrio tra la globalizzazione e il desiderio di appartenenza. Un equilibrio fondato sulle comuni necessità di vita, nato dalle esigenze e nutrito dall’innato senso di umanità e sopravvivenza, ma per nulla favorito dalle istituzioni.
Secondo i documenti ufficiali del Ministero “La Multiculturalità è un dato di fatto, il concetto descrive la fattuale compresenza di culture diverse entro una società.”
Se un Paese non funziona il primo problema va ricercato nella cultura e quindi del mondo della scuola. L'educazione interculturale, che è condizione strutturale della società multiculturale, passa tra i banchi di scuola per creare un processo di valorizzazione delle diverse appartenenze contrastando i pregiudizi etnocentrici.
Tale tema non può essere affrontato con le stesse modalità con cui si gestiscono e risolvono i problemi legati alla produzione che non tengono conto di rilevanti fattori legati alla persona umana quanto tale e quale prima risorsa della organizzazione socio - economica.
Parlando di multiculturalità non ci si può limitare al fenomeno dell’immigrazione, che sicuramente aggiunge differenziazioni a differenziazioni già presenti in ogni società.
Il valore che nel mondo contemporaneo assume la “cultura del diverso” non rileva solo ai fini di una giustizia sociale, l’incontro tra culture è fonte di ricchezza per un paese capace di coglierla.
Una ricchezza che non può passare attraverso la via del ragionamento dell’uomo qualunque che semplifica attraverso i mezzi di comunicazione di massa i problemi della società in cui viviamo rivestendo il rifiuto per ciò che è altro con un pesante manto di falsa pietà che spesso fa dello straniero oggetto oltre che di sfruttamento di numerosi episodi di xenofobia.
La cultura fine a se stessa non aiuta a sollevarci da questo clima statico. La pseudo cultura propinata sui banchi di scuola non forma la capacità di pensiero e di critica delle nuove generazioni. È necessario sapere chi siamo, da dove veniamo e dove vogliamo arrivare, è indispensabile ritrovare un senso di comune coscienza per combattere l’odio dell’uomo per l’uomo. Ed in tale contesto, la formazione intellettuale ha il dovere di lottare per i cambiamenti sociali e per la realizzazione di uno sviluppo economico sostenibile che ponga la persona al centro del sistema economico.
La paura ed il rifiuto per ciò che è estraneo costituisce un muro invalicabile per l’accoglimento delle fonti del cambiamento che provengono dall’esterno. Anche in questo senso, l’apertura all’innovazione, così come il consolidarsi della tolleranza, passa attraverso la cultura.
L’attualità di queste parole, in una terra come la nostra, in cui la ricchezza economica non potrà mai essere legata al possesso del petrolio o alla ricchezza delle materie prime o delle armi, deve portarci a rivalutare l’immenso patrimonio costituito dal capitale umano, dall’incalcolabile ricchezza costituita dalla pluralità linguistica e culturale, dal patrimonio artistico architettonico, dalla risorsa dell’interculturalità.
La creatività è una ricchezza valida tanto quanto i tradizionali fattori di produzione. Inoltre la diversa composizione del capitale umano legata ai processi d’interazione di culture favorisce la comunicazione di tendenze, intelligenze e predilezioni diverse, consolidatesi nel corso del tempo nelle culture di ogni paese.
Valentina B.

lunedì 22 dicembre 2008

LA MAFIA SULL'ASSE PALERMO-TRAPANI

di Gianluca Ricupati da Agoravox.it

Si sarebbe potuta scatenare una terrificante guerra di mafia se le forze dell'ordine non avessero interrotto le dinamiche interne a Cosa Nostra, con la recente operazione Perseo.

Palermo e Trapani sono divise da una linea invalicabile e i rispettivi capi si spartivano i territori delle due provincie. Ma Matteo Messina Denaro aspirava al trono di capo dei capi, lasciato scoperto da Binnu Provenzano. Per questo, essere l'esponente di spicco della provincia trapanese non bastava: era giunto il momento di scendere su Palermo e abbattere in una marcia trionfale i principali nemici, rappresentati dal clan Lo Piccolo, che soprattutto prima dell'arresto dei padrini Sandro e Salvatore avevano di fatto il comando di Palermo ed esercitavano una pesante influenza anche da dietro le sbarre del carcere.

Il boss di Castelvetrano aveva anche gli amici palermitani: diverse famiglie mafiose del capoluogo, nonché paesi come Borgetto, Montelepre e Gibellina. Ed infatti questi paesini, che tutti sapevano essere affiliati a Trapani, erano stati esclusi dalla riorganizzazione provinciale dei clan: la giusta punizione che i palermitani avevano stabilito per i traditori borgettani e monteleprini. Che non corra buon sangue tra i Lo Piccolo e Messina Denaro si ha la certezza attraverso le intercettazioni ambientali effettuate dai carabinieri il 25 ottobre 2007, solo dieci giorni prima dell'arresto a Giardinello dei boss di San Lorenzo. A svelare tutto e a chiarire agli inquirenti la situazione della cupola mafiosa sono le parole che si scambiano i gestori dell'albergo Villa Medea di Pioppo, dove si sono svolti a quanto pare diversi summit di mafia. Il quadro è chiaramente delineato: "C'è sciarra tra quello di Castelvetrano e questo di Palermo". Un contrasto così forte che in una riunione organizzata dagli stessi gestori dell'hotel, Sandro Capizzi, figlio del boss che aveva il compito ricostruire la commissione provinciale di Cosa Nostra, non voleva che fosse presente un'esponente di Borgetto, considerato nemico. Al summit dovevano partecipare 10 persone: 2 esponenti di Trappeto, 1 di Borgetto, altri esponenti non noti, probabilmente qualcuno della stessa Montelepre e Sandro Capizzi. Quest'ultimo aveva storto il naso ed espresso il proprio malumore agli organizzatori della riunione: tre famiglie a Palermo non dovevano entrare completamente, “quelle di Gibellina, Borgetto e Montelepre: quelli erano di Trapani, non c'entravano niente. Non erano nessuno!".

La possibile guerra tra Palermo e Trapani spaventava in un certo senso gli esponenti mafiosi palermitani. I boss di Borgetto infatti volevano far scender Matteo Messina Denaro. "Se scendono loro, ti ricordi il giornale "L'ora", che lo aprivi il pomeriggio e c'erano due, tre, quattro morti?" dice l'imprenditore Bellino in una telefonata. Ma se da un lato, si teme il pesante ritorno alle armi, dall'altro Matteo Messina Denaro viene considerato troppo attendista dai suoi affiliati. "Se non si prende la responsabilità lui, chi se la deve prendere?" lamenta l'interlocutore di Bellino. I due criticano Messina Denaro, ma manifestano allo stesso tempo la preoccupazione per la strategia espansionistica dei Lo Piccolo, che non erano ancora in gabbia, e che si stavano imponendo su tutto il territorio palermitano. "A me la cosa non fa paura, perché io li conosco a tutti. Io a qualcuno lo farei saltare pulito pulito”.

Intanto 34 fiancheggiatori arrestati sono stati già condannati, soltanto 5 assolti. Sequestrati anche 100 mila euro trovati nelle case degli arrestati. Una buona parte delle famiglie mafiose palermitane sono state smantellate, ma gli inquirenti danno ancora la caccia a tre indagati che sono riusciti a sottrarsi alla cattura. Adesso che il progetto di ricostruzione della cupola di Palermo può considerarsi fallito, potrebbe avviarsi la controffensiva di Messina Denaro. Sfruttare il campo libero lasciato dal 90 arresti per la marcia su Palermo oppure attendere che si calmino le acque e proseguire sulle orme di Provenzano una latitanza già abbastanza prolungata. Tutto ciò, a meno che non arrivino le contromosse delle forze dell'ordine, che finora hanno sempre bloccato sul tempo i progetti più vasti di ricostruzione mafiosa. Ancora una volta essenziali per le indagini le intercettazioni, per le quali le varie questure cumulano migliaia di euro di debiti.

sabato 20 dicembre 2008

CRONACA DI UN CONSIGLIO COMUNALE DEPRIMENTE

Metà dei banchi consiliari vuoti, gente che va e che viene come se fosse in un hotel, dibattiti inutili e privi di quasiasi utilità politica e civica: è questa la definizione semantica del CONSIGLIO COMUNALE DI PARTINICO del 17 dicembre.
Come in altri casi, espongo una breve cronistoria dell'assemblea comunale, per poi addentrarmi in sintetiche considerazioni politiche.
Il consiglio comunale, previsto per le 19, inizia con una comunicazione del sindaco e con un successivo punto all'ordine del giorno, che riguardava l'assegnazione del titolo di città ad interesse culturale e artistico a Partinico. La giunta relaziona la delibera che dovrà essere poi votata.
Partono le prime urla e passerelle davanti le telecamere, dopo una stupida strumentalizzazione politica dell'evento da parte della giunta, che era stato presentato quasi come un traguardo della giunta Lo Biundo (ed invece era solamente la tappa finale di un percorso molto più lungo).
Le voci si accavallano, i più intraprendenti gridano, poi fanno finta di uscire dall'aula consiliare per disapprovazione, ma quando è giunta l'ora di votare tutti di corsa dentro (sembrava una scenetta natalizia) a dire Sì alla delibera.
Intorno alle 20.30 si passa finalmente al punto che riguarda l'istruzione pubblica. Effettivamente manca quella affluenza popolare che tutti si aspettavano. Rappresentanti del nostro partito, iscritti a parlare negli interventi esterni che il Presidente del Consiglio comunale aveva promesso, 2 docenti e 6-7 studenti del comitato "Una scuola per tutti".
L'orario del consiglio comunale difatti non era quantomeno decente e, poiché era stato rinviato il giorno prima dopo la mezzanotte, molti non erano stati avvertiti o non erano stati avvisati in tempo per poter partecipare. Il consiglio peraltro non era formalmente aperto e perciò nessuno avrebbe potuto intervenire.
Scattano le prime polemiche di alcuni partiti della minoranza (vedi PDL) che, avuta notizia degli interventi esterni da parte di coloro che si erano iscritti a parlare, si ergono a finti protettori dei diritti del mondo della scuola. "Deve farsi un consiglio comunale aperto per farli parlare e noi siamo disponibili" dicono. COSA? Ebbene questi signori nella riunione dei capigruppo riguardo il consiglio comunale straordinario aperto hanno votato NO! Non dimostrano neppure un briciolo di coerenza, ma in fondo meglio così. ALTRO SUCCESSIVO SCOOP: la PDL di Partinico dichiara di non condividere parzialmente il decreto dei propri superiori. Alla domanda che chiede loro di esplicare i punti della riforma ritenuti negativi però non giunge alcuna risposta.
I banchi (e lo potete constatare dalle immagini del consiglio che Telejato ha ripreso) sono deserti. Rimangono seduti in media meno di 10 consiglieri su 30: questa è la sensibilità al tema del consiglio comunale!
Dopo qualche minuto di consuete polemiche (in cui si sentono ripetute affermazioni del tipo "se noi avremmo la possibilità ecc ecc" ecco i danni del maestro unico, sembrava di assistere ad una commedia comica!), il Presidente sospende il Consiglio per fare intervenire coloro che avevano richiesto di parlare. In realtà, interventi fantasma dato che non potevano essere verbalizzati. I 5 interventi promessi diventano tutte le parole che possono essere dette in 10 minuti di sospensione delle attività consiliari. Comunque accontentiamoci per ora, ci siamo detti. Intervengono la prof.ssa Gibilaro (credo anche in rappresentanza del proprio partito) e Gianluca Ricupati (chiamato dal Presidente del Consiglio e da qualche consigliere, in quanto secondo nome della lista presentata). Interveniamo dicendo che sarebbe opportuno rinviare il consiglio comunale, anzi realizzarne uno ad hoc, in un orario che permetta sia agli alunni che ai docenti di intervenire.
Tra le solite polemiche strumentali, le urla (dovute per quel che se n'è capito all'intervento, di fatto neppure iniziato, di un universitario, rappresentante peraltro dei Giovani Comunisti: mi chiedo come mai non avrebbe dovuto avere la possibilità di parola come gli altri, avendo la nostra organizzazione richiesto a gran voce il consiglio comunale straordinario ed essendosi battuta a favore dei diritti della scuola), la seduta riprende e dopo pochi minuti viene sciolta.
Probabilmente, se il Consiglio vorrà fare la "grazia" a coloro che sono sensibili al tema scolastico, se ne riparlerà nella prima settimana di Gennaio. In poche parole, il tempo necessario affinché qualche consigliere comunale possa studiare i decreti del governo e anche un pò di grammatica italiana!
Gianluca Ricupati

mercoledì 17 dicembre 2008

CONSIGLIO COMUNALE 17 DICEMBRE

Come avevamo già detto in precedenti interventi, ieri sera si è svolto il consiglio comunale che aveva come terzo punto all'ordine del giorno la questione scolastica.
Come avevamo già "predetto" nel nostro ultimo comunicato stampa, questa notte il dibattito tra consiglieri di parti diverse e amministrazione sulla questione acqua si è prulungato ben oltre la mezzanotte e pertanto gli altri due punti sono stati rinviati.

Il Consiglio comunale si terrà questa sera alle 19 e finalmente potremo parlare col le istituzioni che hanno detto così tante volte di appoggiarci nelle nostre proteste contro le recenti scelte del governo Berlusconi in materia d'istruzione.

E' nostro dovere ringraziare il Presidente del Consiglio comunale, Gioacchino Albiolo che ha previsto la possibilità che cinque persone al di fuori dei banchi consiliari possano intervenire. Noi saremo sicuramente tra queste!

Appuntamento questa sera nella sala consiliare del Comune di Partinico.

Gianluca Ricupati

domenica 14 dicembre 2008

L’IPOCRISIA DELL’AMMINISTRAZIONE LO BIUNDO RIGUARDO LA QUESTIONE SCOLASTICA.

Dopo la fiaccolata di ieri, alla quale il gruppo dei Giovani Comunisti/e ha partecipato, è doveroso presentare un nostro comunicato stampa riguardo l'ipocrisia alla quale abbiamo assistito durante gli interventi finali che chiudevano la manifestazione.
COMUNICATO STAMPA
Nella manifestazione del 27 ottobre, l’assessore Parrino dichiarava a migliaia di studenti che l’amministrazione era a loro fianco, mentre appena qualche giorno dopo la maggioranza consiliare (costituita dall’UDC e dalle liste civiche che hanno appoggiato Lo Biundo nelle elezioni) diceva paradossalmente NO alla richiesta degli studenti di un Consiglio Comunale straordinario.
Il 30 ottobre inviavamo al Presidente dell’assise comunale Albiolo e al sindaco Lo Biundo, la terza richiesta in pochi giorni (la seconda l’aveva fatta il consigliere Di Trapani del PD) di un consiglio comunale straordinario aperto, dove la cittadinanza tutta e il mondo della scuola potevano esprimere la loro preoccupazione in merito ai tagli della finanziaria e alle leggi della ministra Gelmini. ANCHE QUESTA RICHIESTA È PASSATA INOSSERVATA.
Ebbene sabato, rappresentanti dell’amministrazione (e dell’assessore regionale Antinoro, di cui Bartolo Parrino, ex Margherita, ha tessuto palesemente le lodi!) erano presenti nel corteo a fare passerella davanti le telecamere, a dichiarare concreto appoggio da parte della giunta Lo Biundo.
La cronistoria che abbiamo presentato all’inizio di questo comunicato stampa serve appunto per dimostrare, con i fatti, la falsità delle parole pronunciate ieri negli interventi finali alla chiusura del corteo (cosa che peraltro abbiamo fatto quella stessa sera, replicando alle parole dell’assessore Parrino, subito dopo il suo intervento).
Gli studenti di Partinico sono stati di fatto snobbati dal sindaco, dai consiglieri comunali (è giusto dire non tutti) e presi in giro dall’assessore alla pubblica istruzione Parrino, che come al solito, al cospetto delle tv e davanti ai microfoni ha elargito parole dolci e di appoggio verso tutti, per poi voltare le spalle a telecamere spente.
La questione scuola è ora tra i punti all’ordine del giorno del prossimo Consiglio Comunale, che si svolgerà martedì alle ore 19 (un orario impossibile per le famiglie che non possono rimanere fino allo scoccare della mezzanotte nell’aula consiliare). Purtroppo la discussione “scuola” è solamente al terzo punto: ciò significa che non se ne parlerà affatto e questa è solamente l’ultima di una serie di ipocrisie che subiamo. Ci danno il “contentino” per farci stare buoni e calmi, affinché la gente li rivoti alle prossime elezioni!
Il Presidente del Consiglio comunale Gioacchino Albiolo, dopo il nostro intervento e quello di una rappresentante degli insegnanti, sabato sera ha promesso pubblicamente un consiglio comunale aperto, da svolgersi in un orario accettabile. Per il bene della collettività, siamo anche questa volta fiduciosi.
In ogni caso continuerà sempre la nostra battaglia concreta a fianco degli studenti che rischiano il diritto allo studio, dei docenti e del personale ATA che rischiano il posto di lavoro, dei genitori che non potranno non avere problemi economici mandando i loro figli a scuola!
Giovani Comunisti/e

sabato 13 dicembre 2008

ADESIONE ALLA FIACCOLATA - QUESTA SERA ORE 18 PARTINICO

I Giovani Comunisti/e di Partinico aderiscono e invitano tutta la cittadinanza a prendere parte alla fiaccolata studentesca che avrà luogo questa sera alle ore 18 da Piazza del Progresso (davanti la scuola media Archimede).

Crediamo che sia importante partecipare in massa per la difesa del diritto allo studio e contro i tentativi del governo Berlusconi di privatizzazione della scuola e dell'università pubblica. Non si possono stanziare miliardi di euro per salvare le banche, principali artefici della crisi economica, e tagliare fondi vitali per il sistema dell'istruzione, che già si trova in condizioni precarie.
LA CRISI LA PAGHI CHI L'HA CAUSATA!

venerdì 12 dicembre 2008

Fiaccolata in difesa della scuola pubblica - 13 DICEMBRE A PARTINICO

da retescuole.net . Appello della prof.ssa Silvana Appresti

Il 24 novembre a Partinico è nato un comitato (composto da docenti, studenti, genitori, personale ATA) in difesa della scuola pubblica, che ha come obiettivo fare INFORMAZIONE nel nostro territorio, laddove spesso regna sovrana l'indifferenza disinformata.

Il comitato "una scuola per tutti" invita tutta la cittadinanza a partecipare alla fiaccolata che avrà luogo sabato 13 dicembre c.a., alle ore 18,00 (appuntamento davanti scuola media Archimede).

La scuola pubblica ha bisogno di TE per dire NO a una riforma che riforma non è e ribadire un non improrogabile SI ad una scuola sicura e di qualità per tutti e non solo per chi può.

giovedì 11 dicembre 2008

L'ACQUA è UN BENE, NON UNA MERCE

Malgrado la scarsa partecipazione della cittadinanza partinicese, il convegno organizzato dal nostro partito in occasione della presentazione del libro "L'acqua non ha prezzo - il caso Palermo" è stato davvero interessante e ricco di numerosi spunti di riflessione. Faccio i miei complimenti agli autori del volume (acquistabile a soli 7 euro, 5 per i giovani), non solo per la meticolosità con cui il libro è stato redatto, ma soprattutto per gli istruttivi interventi che, per dirla in poche parole, ci hanno fatto conoscere quella oscura verità che si nasconde sotto il velame degli slogan ultra-positivi di politici, società e aziende a favore della privatizzazione dell'acqua. Vi pongo solamente alcune riflessioni che mi hanno maggiormente colpito e chissà se riuscirò a colpire la vostra curiosità a tal punto da far venire in voi la voglia di comperare il libro e finanziare così anche il comitato Liberacqua, nato nel 2005, dalla forza di liberi cittadini al di là di schieramenti partitici e associazioni già esistenti. Siamo comunque onorati di aver avuto occasione di ricevere proprio noi di Rifondazione Comunista questi graditi ospiti, che sentiamo nostri amici e compagni di lotta. Ugualmente contenti saremmo stati se qualcuno avesse deciso di dar loro voce.
SPUNTI:
1) Dai dati ISTAT (quindi oggettivi) si evince come la concessione dei sistemi idrici pubblici in mano ai privati comporti un MINORE EFFICIENZA ed invece un AUMENTO DELLE TARIFFE.
2) Diverse nazioni, tra le quali ultimamente la Francia, sono ritornate nuovamente al sistema di distribuzione dell’acqua PUBBLICO, dopo una prima fase deludente di privatizzazione.
3) Documentata in modo esaustivo è la vicenda alquanto scandalosa che ha portato all’affidamento del servizio idrico nella zona di Palermo (vedasi commissario ad acta Dott. Mazzola).
E questi sono solo alcune delle riflessioni che si possono derivare dalla partecipazione a questo convegno. Per la fortuna dei non presenti, il compagno Giacomo Minore provvederà a breve a mettere online tutto il convegno che abbiamo opportunamente ripreso (in particolare, è probabile che abbiate la possibilità di sentire anche da file separati i diversi interventi).
QUESTIONE PARTINICESE

Non si è parlato soltanto della questione palermitana tuttavia. Il prof. Toti Costanzo, solido pilastro del nostro circolo, ha messo in luce ai presenti la posizione del nostro partito dinanzi alla questione idrica che in questi giorni è tornata alla ribalta. L’amministrazione comunale, appoggiata dalla propria maggioranza in consiglio ha infatti deciso di riscuotere 4 anni di canone idrico (2004, 2005, 2006, 2008) in soli 3 anni (36 rate se non erro). Per di più, a giorni le chiavi dell’acquedotto partinicese saranno affidate all’ente Acque Potabili Siciliane, di cui avrete sentito parlare a proposito della messa in funzione dei pozzi in c/da Reale, presentata nelle interviste dal sindaco Lo Biundo quasi come un regalo proveniente da Palermo (dove si recava quotidianamente)... vedrete nel 2009 che regalo ci farà invece proprio l’APS con le sue bollette,anche per recuperare i soldi investiti (e non regalati) nei pozzi attivati quest’estate! Dicevo appunto che l’impianto sarà privatizzato e le tariffe per acqua a metro buco che l’APS applica già in altri luoghi non sono certamente economiche.
In sintesi (poi se ne riparlerà più approfonditamente nei prossimi giorni), le proposte di Rifondazione Comunista sono:
1) applicare una rateizzazione in 72 rate (anziché 36) come prevede una legge del 2008; 2) il nuovo gestore (l’APS) dovrà riformulare il contratto con ogni famiglia in base al servizio che si richiederà;
3) l’installazione dei contatori: è illegittimo pagare il canone idrico in modo forfettario (per di più con cifre maggiori del dovuto, come dimostra la sentenza del giudice di pace da noi interpellato a proposito delle bollette del 99, e non in base al reale consumo.
Ci batteremo fortemente per questi punti, che a rigor di logica dovrebbero esser condivisi da tutti i cittadini partinicesi.
Gianluca Ricupati

martedì 9 dicembre 2008

Appello di Gianluca Ricupati per la partecipazione allo sciopero generale del 12 dicembre 2008

domenica 7 dicembre 2008

LA CRISI LA PAGHI CHI L'HA CAUSATA!

La crisi economica finanziaria non è caduta dal cielo.
È la conseguenza di tre decenni di politiche economiche tanto ingiuste quanto fallimentari. Anni in cui si è precarizzato il lavoro, diminuito il potere di acquisto dei salari, si sono ridotti i diritti sociali: alla casa, alla salute, alla pensione.
Il risultato è oggi sotto gli occhi di tutti.
Chi era ricco è diventato molto più ricco, mentre lavoratrici e lavoratori, giovani e pensionati sono diventati sempre più poveri, ed è cresciuto l’indebitamento delle persone e delle famiglie.
Ora che la crisi è esplosa, Berlusconi, d’accordo con Confindustria, trova le risorse solo per salvare le banche e le sue politiche antipopolari peggiorano ancor di più la situazione sociale. Gli ultimi interventi annunciati dal governo non compensano minimamente i tagli pesanti su scuola, università, sanità, servizi sociali. Si precarizza ulteriormente il lavoro. Governo e Confindustria, con l’assenso di Cisl e Uil, vogliono modificare il sistema contrattuale per diminuire ancora i salari, dividere i lavoratori, azzerare l’autonomia del sindacato.
CAMBIARE SI PUÒ. RIPRENDERE IL CONFLITTO SOCIALE! CON IL MOVIMENTO PER LA SCUOLA E L’UNIVERSITÀ PUBBLICA, CON GLI SCIOPERI E LE MOBILITAZIONI DEI LAVORATORI.
OGGI È URGENTE BATTERSI PER LA DIFESA DELL’OCCUPAZIONE, PER L’AUMENTO DI SALARI E PENSIONI.
È NECESSARIO LA GENERALIZZAZIONE DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI. È NECESSARIO UN SALARIO SOCIALE PER I DISOCCUPATI. Non è accettabile che a pagare la crisi siano nuovamente i lavoratori. Gli ammortizzatori sociali vanno estesi a tutti i settori e a tutti i tipi di contratto a partire dai lavoratori precari, oggi espulsi dal lavoro senza nessuna garanzia. Va impedito che i lavoratori migranti paghino la crisi due volte con la perdita del lavoro e l’espulsione.
È NECESSARIO CONTRASTARE IL CAROVITA E AUMENTARE SALARI E PENSIONI. Va reintrodotto un meccanismo automatico di adeguamento annuale di salari e pensioni all’inflazione reale. Va previsto il controllo pubblico di prezzi e tariffe. Va rilanciata l’edilizia pubblica e sociale. Vanno abbattuti i mutui sulla prima casa.
LA CRISI LA PAGHI CHI L’HA CAUSATA! Le risorse vanno prese colpendo l’evasione fiscale e contributiva, portando la tassazione sulle grandi rendite finanziarie a livello europeo, tassando i movimenti speculativi dei capitali.
Confindustria e Governo vorrebbero addirittura arrivare ai CONTRATTI INDIVIDUALI, annullando ogni potere reale di contrattazione dei lavoratori. Vorrebbero trasformare il sindacato da rappresentante degli interessi delle lavoratrici e dei lavoratori in “complice” delle imprese e in gestore dei servizi sociali non più garantiti dallo Stato, ma privatizzati.
Rifondazione Comunista aderisce ed invita ad aderire allo sciopero generale indetto dalla CGIL per venerdì 12 dicembre.

MANIFESTAZIONE A PALERMO. 12 DICEMBRE PIAZZA CROCI ORE 9.30.

Autobus da Partinico. INFO: 3287252134 (GIANLUCA).

sabato 6 dicembre 2008

FIRMA L'APPELLO CONTRO L’EMENDAMENTO RAZZISTA DELLA LEGA NORD

La Lega Nord - Padania ha presentato un emendamento che prevede l'abrogazione del comma 5 dell'art. 35 (DL 286/ 98) e abolisce la gratuità della prestazione urgente ed essenziale agli stranieri non iscritti al SSN e privi di risorse economiche, e propone inoltre l'obbligo per le autorità sanitarie di segnalarli all'autorità competente.
L'iniziativa delle Lega tocca livelli di inciviltà e barbarie del tutto comparabili con l'ideologia xenofoba e razzista. E' un'iniziativa grave e sconcertante non solo e non tanto poiché calpesta due principi costituzionali (la Lega fa questo tutti i giorni), il principio di uguaglianza (Art. 3) e il principio del diritto di ogni cittadino alla tutela della salute (Art. 32), ma perché, con ragionamenti di carattere contabile (per altro assolutamente irrilevanti sotto il profilo dell'utilità economica), offende il senso comune e la regola morale millenaria cui si attengono i medici, che è quella di curare ed assistere comunque il malato.
Sottoscrivere l'appello al seguente indirizzo:


http://appelli.arcoiris.tv/salute/index.php

giovedì 4 dicembre 2008

Si può morire sul lavoro a 20 anni? In Italia sì, si può

Ennesimo incidente nelle cave di Bagnolo, località del cuneese famosa per le pietre di Luserna utilizzate in tutto il mondo come copertura.
Un operaio ventenne, Walter Ariaudo, ha perso la vita e altri tre operai, tra cui il fratello Fulvio di 19 anni, sono rimasti lievemente feriti, nello scoppio di un container invaso dal gas in località Balma Oro. La dinamica è ancora tutta da verificare anche perché le ipotesi sono molto diverse.
Secondo i vigili del fuoco che sono subito accorsi l'intenso freddo di queste notti avrebbe impedito l'apertura dei lucchetti del container dove gli operai dovevano entrare questa mattina alle otto.
Dentro il container erano custoditi gli attrezzi da lavoro e le tute protettive.
Gli operai avrebbero tentato di scaldare i due lucchetti con mezzi di fortuna, prima con un accendino poi con alcune torce di carta, ignari che l'interno del locale fosse saturo di gas a causa della dispersione proveniente da una bombola. Con il primo lucchetto, secondo la ricostruzione, avrebbero avuto "successo" mentre il secondo è stato fatale.
Le fiamme a contatto con il gas hanno provocato l'esplosione che ha investito la giovane vittima, morta sul colpo, e i suoi colleghi. Il fratello Fulvio è stato trasferito all'ospedale di Savigliano, ma le sue condizioni non sono preoccupanti. Sul fatto indagano i carabinieri e la polizia mineraria, il cui interesse è focalizzato soprattutto sulla bombola divenuta un ordigno. I colleghi commentano che il gesto che i tre hanno compiuto è diffuso tra chi opera nelle cave in quanto il gelo spesso blocca non solo le serrature ama anche i meccanismi. Nessuno ovviamente pensava però che una bombola del gas, forse due, potesse saturare un ambiente grande come quello di un container.
Secondo un'altra versione, circolata in paese e senza riscontro di fatto, invece gli operai sarebbero morti a causa dell'esplosione di una mina utilizzate per il distaccamento di pezzi di roccia.
Nell'esplosione sono rimasti contusi anche un italiano di sessantacinque anni e un giovane nigeriano di diciannove.
Le cave di bagnolo sono famose in tutto il mondo per la pregiata pietra ma anche perché tutto intorno si è creata una delle comunità di cinesi più grandi d'Italia, seconda forse solo a quella di Prato. Proprio per questa ragione la zona è conosciuta anche per l'alto numero di incidenti che accadono, spesso non denunciati. La produzione è continua e non conosce crisi, i manovali cinesi assicurano una redditività senza pari. Le cave sono state aperte circa cento anni fa e sono fonte oggi di un forte impatto ambientale che si scontra con le forti ricadute occupazionali presenti.
I due fratelli ed il ragazzo nigeriano avevano da poco iniziato a lavorare presso la cava.
Oltre a quello di Cuneo, ieri ci sono stati altri tre morti, tanto per non tradire la media che parla di 4 infortuni sul lavoro al giorno. A Somma Vesuviana, in provincia di Napoli, un operaio di 23 anni, dipendente di una ditta di movimento terra, haperso la vita mentre stava lavorando al trasporto di materiali inerti all'interno della ditta: è rimasto impigliato nel nastro trasportatore, privo di sistemi di protezione e di sicurezza, ed è stato schiacciato. A Sciacca, in provincia di Agrigento (dove è stato proclamato il lutto cittadino) un operaio di 35 anni è morto in un cantiere comunale per la realizzazione della nuova rete fognaria. L'uomo, sposato e padre di due bambini, si trovava in una buca, intento a collegare dei tubi, quando un lastrone di asfalto si è staccato dalla strada franandogli addosso. Infine a Fermo, in provincia di Ascoli Piceno, una donna di 36 anni, è morta oggi in una fabbrica dove si è sentita male mentre era al lavoro.

martedì 2 dicembre 2008

"Un patto tra Cosa nostra e la politica. I boss scelsero candidati di FI e Udc"

In mille pagine, il giudice motiva la sentenza che condanna i capi mandamento. Provenzano decide di inserire uomini fidati nelle liste, la sua lobby per il comando
di ALBERTO CUSTODERO (PALERMO) da http://www.repubblica.it/
Cosa Nostra di Bernardo Binnu Provenzano è "lobby o partito?". S'intitola così, nella motivazione della sentenza che spiega le condanne a 430 anni di carcere di 40 boss, il capitolo più delicato dedicato ai rapporti fra il vertice della mafia siciliana e la politica. Il giudice dell'udienza preliminare Piergiorgio Morosini - che ha depositato ieri le 1000 pagine della motivazione - lascia aperto questo interrogativo. Perché la mafia può essere l'uno o l'altro, lobby o partito, a seconda dei tempi. Quel che è certo, scrive il gup, è che i capimandamento di Cosa Nostra "fin dal 2005 iniziano a tessere la trama" per le future elezioni del 2006. "Vogliono essere pronti per il momento cruciale in cui si giocherà la partita. Pretendono posti nel consiglio comunale e in quello provinciale. Scelgono i candidati per le elezioni ormai prossime e si attivano per affiancarli a uomini influenti dello schieramento del Polo delle Libertà. In particolare di Forza Italia e dell'Udc". Il gup Piergiorgio Morosini traccia la storia di quei "reticoli politico-clientelari e reticoli del potere mafioso" partendo dalla seconda metà degli anni Ottanta, quando, "crescendo la disillusione nei confronti della Dc, Cosa Nostra cerca un nuovo veicolo politico per i suoi interessi". Alle elezioni politiche del 1987 "delle avance furono fatte al Psi", ma è dopo le condanne del '92 al primo maxiprocesso - scartato il progetto di creare il movimento separatista "Sicilia libera" - che il boss Bernardo Provenzano "punta all'immersione" e "suggerisce di cercare rapporti e offrire sostegno a nuove forze politiche nazionali che stanno nascendo sulle rovine del vecchio sistema dei partiti". Provenzano, va detto, è diffidente nei confronti dei politici che definisce ora "truffaldini", ora "sprovveduti". Ma sempre "calcolatori".

lunedì 1 dicembre 2008

Primo Dicembre - Giornata Mondiale della Lotta all’AIDS

SCREEN SAVE SEX
Il Primo Dicembre metti uno di questi salva schermo sul tuo computer, sicuramente è l’unico virus che non prenderà.
10 sfondi scrivania per ricordare la giornata mondiale della lotta all'AIDS.
Non serve molto per dare un segnale, noi del circolo pink quest'anno, oltre alla "solita" distribuzione di preservativi, abbiamo pensato di usare internet per lanciare un messaggio di prevenzione HIV.
Abbiamo creato questi salva schermo "Screen Save Sex", vi chiediamo di usarli il Primo Dicembre, mettendoli, come sfondo scrivania del vostro Pc o Mac, lancerete insieme a noi un messaggio di prevenzione, in fondo questo è l'unico virus che il vostro computer non prenderà mai.
Non serve praticare l'astinenza dalle carni o essere casti, basta usare un preservativo nei rapporti a rischio.
Li potete scaricare da questo indirizzo web: http://www.circolopink.it/primo08.htm

martedì 25 novembre 2008

La mafia è ancora forte: bunker-poligono a Palermo

di Gianluca Ricupati su www.agoravox.it

L’ultima di una serie di scoperte degli agenti di polizia ha lasciato tutti a bocca aperta. Un bunker, probabile rifugio di latitanti mafiosi, attrezzato addirittura di un poligono di tiro. È quanto si è trovata davanti la polizia del commissariato di San Lorenzo di Palermo, durante una delle tante perquisizioni ai danni di un sospetto spacciatore di cocaina nel quartiere Zen del capoluogo siciliano.

Droga e denaro, incasso delle vendite, erano già sicuri di trovarli i poliziotti protagonisti dell’azione, ma quello che di certo non si sarebbero mai aspettati era che una chiave ritrovata al primo piano dell’appartamento di via Agesia di Siracusa sarebbe servita ad aprire una porta blindata che dava accesso ad un vero e proprio bunker. Uno stretto cunicolo largo appena un metro e lungo 10 permetteva l’accesso ad un’area attrezzata come poligono di tiro, dove probabilmente piccoli boss in erba hanno imparato a sparare e vecchi boss affermati (magari latitanti) hanno allenato la mira per non perdere l’abilità di utilizzo di armi da fuoco. Il tutto, dall’appartamento al cunicolo, dal box blindato al bunker-poligono, colmo di droga e munizioni, oggetto della denuncia perpetrata ai danni del 29enne Antonino Grimaldi. Il giovane dopo l’arresto dei Lo Piccolo, ritenuti i feudatari anche del quartiere Zen, sarebbe avanzato di grado passando da semplice pusher a fornitore di cocaina dell’intera zona. Secondo gli inquirenti, l’ipotesi di alloggio di appartenenti a Cosa Nostra all’interno del rifugio scovato sarebbe alquanto probabile vista la vicinanza dell’arrestato a Fabio Chianchiano, uno dei bracci forti del clan Lo Piccolo.
La clamorosa scoperta è solo l’epilogo di una serie di sequestri di armi e munizioni che si susseguono di giorno in giorno nel capoluogo siciliano e nell’intera isola e che ormai non fanno nemmeno più scalpore. Pistole con matricola abrasa e munizioni in quantità militare sono per Cosa Nostra ciò che il pane rappresenta per noi, comuni ma fieri e onesti mortali.
Come contestualizzare una notizia di tale spessore? Dall’arresto di un 29enne emerge l’idea che la mafia si stia riorganizzando e che lo stia facendo attraverso l’arruolamento di tanti giovani “picciotti”, pronti ad entrare nelle file di Cosa Nostra senza pensarci due volte. Le fiction hanno trasmetto loro l’immagine di un prestigioso ruolo dei vari capi dei capi? Questo non possiamo saperlo, però di sicuro adesso siamo più coscienti che le iniziative di formazione di coscienze legalitarie, soprattutto in determinati quartieri degradati di Palermo, sono ancora poche, troppo poche.
Dalla scoperta di bunker, poligoni, armi e munizioni invece emerge l’idea che la vittoria dello Stato sulla mafia rappresenti ancora un’utopia. Emerge anzi che i recenti colpi subiti dalla magistratura e dalle forze dell’ordine non hanno indebolito più di tanto le forze armate e vitali di Cosa Nostra. La mafia si presenta ancora come un nemico più che temibile. Nell’ultimo decennio ha per lo più dominato il volto silenzioso della mostruosa moneta mafiosa, ma adesso dopo i recenti cambiamenti al vertice della piramide mafiosa (ancora sconosciuti persino agli inquirenti) non si sa ancora quale sarà la prossima strategia dell’organizzazione. Comanderà il silente Matteo Messina Denaro o l’agguerrito Mimmo Raccuglia? Famiglie finora in crisi alla riscossa come i Vitale-Fardazza di Partinico e i Riina di Corleone o dominio di coloro che secondo i “pronostici” sono ritenuti i capi favoriti?

domenica 23 novembre 2008

VERGOGNA A COLORO CHE RICHIEDONO A TRAPANI AUTOBUS SOLO PER IMMIGRATI

Ecco a cosa porta la cultura xenofoba, portata avanti dal governo Berlusconi con gli esponenti della Lega Nord in testa. A pochi passi da noi, a Trapani, c'è chi richiede autobus separati per bianchi e neri. La denuncia è stata lanciata dall’eurodeputato di Rifondazione Comunista Giusto Catania, che ha chiesto l’intervento dell’Unione Europea denunciando episodi di “intollerabile xenofobia” e razzismo nel capoluogo siciliano. Secondo quanto riferito l’ATM, società che gestisce i mezzi di trasporto, avrebbe vietato l’accesso alle persone di colore proponendo di istituire bus riservati ai migranti e presidiati a bordo dalle forze dell’ordine.
Guarda il servizio del tg la7:



A fronte di notizie come queste sarebbe importante avviare una grande campagna di sensibilizzazione a favori di questi nostri fratelli, che vengono privati addirittura della loro dignità di esseri umani.
Durante l'estate avevamo proposto alla cittadinanza un incontro-dibattito sul tema della xenofobia, come primo passo verso una politica sociale partinicese di integrazione con le genti provenienti da terre non italiane. Il dibattito ebbe una buona partecipazione e riuscimmo pure ad avere un incontro con un immigrato ("rappresentante" della gente immigrata a Partinico dalla sua nazione) a Partinico. Poi l'invidia di qualche politico opportunista (in termini di consenso sociale e voti) che ci governa fece fallire il nostro progetto di libero e puro aiuto a questa gente, promettendo loro mari e monti. Comunque felici di veder qualcuno che li aiutasse (anche se solo per fare il "classico sgambetto" all'avversario politico), non ci restò che sperare. Ma a quanto pare, la nostra (e loro) speranza è rimasta pura illusione.
Perché non provare a creare un comitato no razzismo (al di là del partitismo, che scatena addirittura gelosie) qui a Partinico, con associazioni, mondo politico e sociale, gente libera e interculturale? Chi è con noi?

P.S. vorrei proprio sentire cosa ne pensano di questa politica berlusconiana i vari Campione, Giovia, Di Trapani, Rizzo Puleo, Bonnì, ecc ecc che questo governo sostengono. Che intervengano e soddisfino la mia curiosità!

Gianluca Ricupati

CIAO SANDRO!

CURZI: BERTINOTTI, DA PARTIGIANO A GIORNALISTA UNA STORIA AFFASCINANTE

''Sandro Curzi ci ha lasciati. Veniva dalla Resistenza. E' stato un comunista romano e in questo mondo, grande e popolare, ha vissuto intensamente. Questo mondo ha interpretato con una scelta di vita con la quale ha attraversato, da protagonista, il lungo e tormentato dopoguerra italiano. E' stato un uomo di parte, un partigiano aperto al mondo e agli altri, curioso anche degli avversari''.

Lo afferma l'ex leader di Rifondazione Comunista Fausto Bertinotti nel messaggio inviato alla famiglia di Sandro Curzi.

''E' stato un giornalista militante di lungo corso, ha attraversato esperienze vissute come tappe di un percorso aperto al futuro. Noi -prosegue Bertinotti- lo ricordiamo per vicinanza particolare come direttore della nostra 'Liberazione', ma il paese lo ricordera' come servitore leale e coraggioso del servizio pubblico radiotelevisivo per il quale ha lavorato con la passione e l'intensita' di sempre fino all'ultimo giorno.

Lo abbiamo sentito sempre vicino, gli abbiamo voluto bene.

Sandro Curzi ha combattuto la giusta battaglia, ora che la sua affascinante storia e' conclusa, gli sia lieve la terra.

A te Bruna, sua compagna di vita, alla sua cara Candida, un abbraccio forte dell'amico Fausto Bertinotti''

FERRERO: UN PRIVILEGIO AVERE NEL PRC IL GIORNALISTA E IL MILITANTE

La scomparsa di Sandro Curzi rappresenta un grande lutto per il giornalismo italiano e un grandissimo dolore per il Prc.

Viene a mancare una personalità straordinaria per sensibilità, capacità, carisma. Un uomo che ha dedicato la propria esistenza al lavoro di giornalista della carta stampata e radiotelevisivo. Per tutta la vita con la stessa, volitiva energia che lo ha visto sempre protagonista come operatore dell'informazione e direttore di testate, sino all'impegno come consigliere di amministrazione della Rai. Sempre realizzando la passione incontenibile per l'informazione e il giornalismo insieme a accanto a quella di militante comunista, traendone intelligenza e capacità critica.

Consideriamo un grande privilegio aver potuto lavorare insieme a lui, al suo amore per il giornalismo e al suo impegno politico, sia nella qualità di direttore che ha dato forza e valore a *Liberazione*, sia nella qualità di appassionato militante del partito.

Alla vedova e ai famigliari esprimo il cordoglio profondo e l'abbraccio pieno d'affetto mio personale e di tutto il Prc".

.: Ciao Sandro (Speciale di Liberazione) :.

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giovedì 20 novembre 2008

LEFT CINEFORUM - "LA ROSA BIANCA"

Vi chiederete: cos'è il left? Domanda lecita e pienamente giustificata. Usando poche parole, il LEFT è un nuovo luogo di discussione giovanile che noi Giovani Comunisti/e con tanti altri ragazzi/e della sinistra diffusa abbiamo fortemente voluto da tempo. Chiamiamolo un centro d'aggregazione giovanile. Lo descriveremo meglio nei prossimi giorni, intanto però vi invitiamo ad una delle prime iniziative organizzate.

PROIEZIONE FILM: “LA ROSA BIANCA”

"La rosa bianca" è una storia di coraggio assoluto, senza compromessi. Siamo a Monaco nel febbraio del 1943 durante il secondo conflitto mondiale: alcuni studenti universitari, riuniti sotto il segno della Rosa bianca, diedero vita a un piccolo movimento di opposizione al regime nazista, una resistenza fatta di parole, di slogan e di volantini. Cominciarono a diffondere clandestinamente voci di protesta e di condanna, in nome di un ideale di pace e di rispetto tra i popoli, chiedendo la fine dei massacri e degli inutili spargimenti di sangue.
PERCHÉ LA ROSA BIANCA? Oggi, a distanza di mezzo secolo da questa pagina nera della storia, la democrazia è in pericolo: viviamo tra censure e disinformazione. Un vero e proprio ricorso storico: anche questa volta rischiamo l’avvento di una tirannia, di una dittatura democratica. Se solo lo vogliamo, il futuro è nostro!

SIETE TUTTI INVITATI VENERDÌ 21 NOVEMBRE ALLE ORE 18

CENTRO GIOVANILE LEFT, via Lincon (traversa di Corso dei Mille, prima del commissariato di Polizia)

martedì 18 novembre 2008

Il sistema formativo rimandato al mittente. E il re denudato in una mossa

Il movimento non formula una controproposta a Gelmini, produce una analisi incarnata e aggiornata del capitalismo

I tecnici, gli esperti, i professionisti della tecnocrazia politica ed economica lascino il passo, hanno già fatto abbastanza danni. L'Onda travolge tutto. Rispecchia nel discorso ciò che produce nelle pratiche. I percorsi obbligati, questi sconosciuti all'Onda dei cortei, non sopravvivono nemmeno nel dispiegarsi dell'autoriforma dell'assemblea del 15 e del 16 novembre. Non sono serviti gli specchietti per le allodole di Gelmini, le accuse più deliranti, gli editoriali dei grandi giornali. L'onda non si ferma, anzi allarga il terreno del conflitto declinando quel "noi la crisi non la paghiamo" che ha letteralmente invaso il paese. Eccoli i bamboccioni di Padoa Schioppa e i fannulloni di Brunetta. Sono quelli espropriati e impoveriti di tutto proprio mentre producevano le risorse fondamentali di questo malato sviluppo economico: conoscenza, ricerca, comunicazione, innovazione tecnologica. Questi bamboccioni e fannulloni sono l'intera filiera produttiva cognitiva. I preferiti nei discorsi di politici, economisti, imprenditori. Maestri, insegnanti, studenti che nella retorica politica "hanno in mano le chiavi del futuro" e a cui quelle chiavi andavano velocemente e ipocritamente sottratte.Troppo pericoloso per chi preparava il terreno a questo capolavoro di sviluppo che oggi affoga nell'indebitamento e nella speculazione finanziaria pretendendo di affogare in primis chi con la propria ricchezza gli ha permesso di vivere fin qui. La verità è che questa generazione di studenti, dottorandi, ricercatori ha pagato la maturazione e lo sviluppo di questa crisi economica. Per alimentare il sistema finanziario ed economico che l'ha prodotta a questa generazione è stato negato il desiderio e il piacere come spinta alla conoscenza, è stata distrutta ogni aspettativa rispetto al proprio futuro, è stata imposta un'ipocrita meritocrazia di censo e di parte, sono stati propinati saperi scadenti e frammentati, precariato, controllo, disciplinamento, criminalizzazione e perfino dileggio.Tanto basta per mandare tutto alle ortiche e tentare di riprendersi le chiavi. E infatti l'autoriforma dell'onda non è una controproposta, non è un testo di legge da presentare al parlamento. E' invece un programma di trasformazione, cambiamento e conflitto. A chi in questi due mesi ha scritto e pensato, da destra e da sinistra, che questo movimento difendesse l'istruzione pubblica e statale che c'è, che difendesse i baroni e lo status quo di una scuola e un'università in rovina, che più banalmente questo movimento giocasse in difesa e conservazione attestandosi sulla barricata vertenziale del ritiro della legge 133, viene da dire una cosa sola: leggete i documenti introduttivi e finali dall'assemblea nazionale di sabato e domenica scorsi.A essere rispedito al mittente è praticamente l'intero sistema formativo così come è stato configurato da circa vent'anni di riforme, provvedimenti e finanziarie: i tagli delle risorse, il 3+2, il prestito d'onore, la trasformazione in fondazioni private, i numeri chiusi, gli stage e i tirocini gratuiti, la parcellizzazione degli esami, i grembiulini e i voti in condotta, i concorsi truccati, il baronaggio, la valutazione "aziendale" della qualità della didattica e dei servizi, i contratti precari e il blocco del turn over e così via. E questo è già tanto da imparare per tanta sinistra, ma è poco rispetto a quello che è realmente in campo. In campo infatti c'è tutto: dal welfare alle forme della politica e della democrazia. In campo c'è un'analisi incarnata, aggiornata e contemporanea del capitalismo. Leggere con attenzione non fa male e chi vuol intendere intenda. Intenda per esempio che l'autoriforma, che a partire da queste due giornate costruirà un lungo processo costituente di cambiamento e di conflitto, sa meglio di chiunque altro come costruire un'università e una scuola pubbliche, libere dal controllo statale e del mercato. E sa anche come riprendersi tutto, come declinare il terreno della precarietà, del lavoro e della sua organizzazione.Interroga la contemporaneità dell'esperienza viva e smette di ricercare nel passato la soluzione dei problemi del presente. Chiede il reddito come proposta di superamento dei vecchi e ormai disfatti strumenti del diritto allo studio (diretto, in forma di erogazione monetaria e indiretto, in forma di servizi come casa, trasporti, accesso alla cultura) come redistribuzione della ricchezza che è stata sottratta. Non è un caso se alla convocazione dello sciopero generale della Cgil per il 12 dicembre se ne affianca un'altra, quella del movimento, per uno sciopero generalizzato: un intreccio e un dialogo che non è ne una subordinazione né tantomeno un'affidamento. L'opposizione sociale si dispiega e non lo fa banalmente: realizza l'abbattimento di tutti gli steccati classici della rappresentanza. Steccati che non possono più reggere ora che la crisi economica squaderna davanti a noi chiare connessioni e mescolanze sul terreno delle nuove figure del lavoro e dei processi produttivi. L'onda ha denudato tutto con una sola mossa facendo quello che nessun partito d'opposizione era riuscito a fare con le proprie manifestazioni, tutte all'insegna dell'autorappresentazione nella crisi: divellere il consenso diffuso intorno al decisionismo securitario su cui il governo Berlusconi aveva prevalso alle elezioni e impostato quest'inizio di legislatura. E' con questo che tutti, a destra e a sinistra, hanno dovuto fare i conti. E' per questo che l'irrapresentabilità è oggi l'unico terreno possibile in questo tempo e in questo spazio di ricerca aperta e di costruzione di senso diffuso, non "fuori dalla politica" ma invece al suo cuore che è la parola e l'agire collettivo. A sinistra, almeno, sarebbe bene intenderci.

Elisabetta Piccolotti (portavoce nazionale Giovani Comunisti/e)

.: Speciale Onda :. I1I I2I I3I

sabato 15 novembre 2008

On Di Pietro, lei si vergogna almeno un pò?

MASSACRO ALLA DIAZ
Piero Sansonetti (direttore http://www.liberazione.it/)

Gesù li chiamava «Sepolcri imbiancati». Si riferiva alle classi dirigenti di quell'epoca, in Palestina: agli scribi e ai farisei. Diceva che erano gran signori di fuori e orribili di dentro («pieni di ossa di morto»), diceva che erano ipocriti.L'uscita di ieri dell'on Di Pietro a proposito della «mattanza cilena» compiuta a Genova, nel luglio del 2001, da polizia e carabinieri, che uccisero un ragazzo di 22 anni, ne ferirono in modo grave centinaia, ne torturarono decine e decine prima all'interno della scuola Diaz e poi della caserma di Bolzaneto e di altre caserme, l'uscita spavalda di di Pietro - dicevamo - fa pensare proprio a quella parabola del Nazareno: sepolcri imbiancati.Chi è Di Pietro? L'esponente della maggioranza di centrosinistra che dal 2006 al 2008 si è opposto con tutte le sue forze (e con successo) alla richiesta della sinistra di istituire una commissione parlamentare di inchiesta che facesse chiarezza sul comportamento di polizia e carabinieri. L'opposizione di Di Pietro fu quella decisiva: impedì che la commissione fosse formata. Di Pietro sosteneva che non c'era bisogno di nessuna iniziativa parlamentare perché bisognava avere fiducia nella magistratura, che avrebbe chiarito ogni ombra. Bene: ieri Di Pietro - dopo la sentenza assurda che manda assolti i vertici della polizia - senza neanche scusarsi per il disastro combinato negli anni scorsi con il suo atteggiamento da uomo di ferro della magistratura e della polizia, ha chiesto lui una commissione inchiesta, sapendo benissimo che il centrodestra non la concederà, e ora ha i numeri per non concederla, e che il rischio di una inchiesta del Parlamento non esiste. A me sembra che l'atteggiamento di Di Pietro ponga all'ordine del giorno una vistosa, clamorosa, drammatica questione morale. Tradisce una idea di politica come manovretta, calcolo, trasformismo, urlo finto, mascherata, che forse è l'espressione più alta del degrado della politica che sta dilagando in molte zone del parlamento e in molti partiti. In nessuna zona del parlamento, però, dilaga con l'evidenza e l'arroganza della quale è capace Di Pietro.
Perché nel biennio 2006-2008, quando il centrosinistra aveva i numeri per imporre questa commissione, Di Pietro si oppose così strenuamente? Perché una parte del mondo politico di centrosinistra - del quale lui è espressione - ritiene che sia pericoloso far risultare le colpe molto gravi dei vertici della polizia e dei carabinieri in quelle giornate infuocate durante le quali - come ebbe a dire Massimo D'Alema - la democrazia in Italia fu sospesa. La sinistra chiedeva con insistenza la commissione di inchiesta per il motivo opposto: voleva che uscissero fuori le responsabilità vere, quelle di chi aveva diretto e comandato l'operazione folle di Genova. Non solo per ottenere la punizione dei colpevoli (cosa alle quale, personalmente, sono pochissimo interessato: meno gente si punisce, in generale, e meglio è) ma perché fosse chiara la condanna morale e per impedire che l'impazzimento di Genova si ripeta, e si ripeta la sospensione dello Stato di diritto.La richiesta di Di Pietro, comunque, è stata già respinta dalla destra. E questo è naturale. La destra, coerentemente, ha sempre detto che la polizia non si tocca e si è sempre opposta a inchieste parlamentari. Piuttosto, stupiscono le motivazioni del rifiuto. Il ministro Alfano, per esempio, ha detto che le sentenze della magistratura non si discutono. Ammetterete che una affermazione del genere, pronunciata da uno degli uomini di fiducia di Berlusconi, suona curiosa. Ignoriamo il momento nel quale Berlusconi ha deciso che la magistratura è un potere affidabile...

Meno male che ci sono loro.........

300 mila studenti sfilano a Roma. Arrivano al parlamento. Hanno idee, allegrezza e voglia di lottare
Stefano Bocconetti http://www.liberazione.it/
La serietà dei professori. Forse l'eccesso di serietà dei professori e dei ricercatori del Cnr. Neanche scalfita dalle musiche che mettevano a loro disposizione. Poi, l'incoscienza e l'ingovernabilità degli studenti medi. Costretti a restare fermi, a piazza Esedra, per ore e quindi «dispersi» in mille rivoli. Tanti ma forse meno che in altre occasioni. E poi loro, gli universitari, i ragazzi e le ragazze di tutta Italia. Gli studenti delle facoltà, i ricercatori. Un numero impressionante. La Questura - che a volte dimezza, a volte divide per dieci - ieri diceva che erano centomila. Comunque un fiume ininterrotto che ha sfilato dalle nove e mezza al pomeriggio inoltrato. Un fiume, un'onda appunto, che ha attraversato la città, ha «assediato» simbolicamente Monteciorio. Oppure s'è seduto in segno di protesta davanti al ministero della Pubblica Istruzione. O davanti al Senato. O ha fatto mille altre cose. Metti insieme tutti questi elementi ed ecco la giornata di mobilitazione dell'università di ieri.
Giornata indetta dal sindacato, da un «pezzo» del sindacato, visto che la Cisl - coerente con gli impegni presi alla cena informale a Palazzo Grazioli - alla fine s'è sfilata e ha revocato l'adesione allo sciopero. I dati raccontano però che dappertutto le percentuali di adesioni sono altissime. Al punto che Epifani dirà che «tante altre volte hanno provato ad isolare la Cgil, ma non ci sono mai riusciti». Neanche stavolta.Una giornata indetta dal sindacato, si diceva. Ma che è diventata enorme, che s'è trasformata, grazie all'irruenza dell'«onda», del movimento giovanile contro la Gelmini. Irruenza è la parola giusta. Il corteo - era stato concordato con la Questura - sarebbe dovuto partire di mattina presto con destinazione piazza Navona. E' partito due ore e mezza dopo, ogni tanto si fermava, aspettava le delegazioni che nel frattempo sbucavano dalle vie laterali. Ha cambiato percorso, è arrivato a Largo Chigi, nella «casa» del governo. Senza un attimo di tensione. Il tutto mentre tante altre parti del «movimento» raggiungevano altri palazzi, altri palazzi della politica.La giornata, l'immensa - e per una volta si può dire: incalcolabile, almeno dal punto di vista dei numeri - manifestazione di Roma ha cambiato di segno, insomma, in corsa d'opera. Per rendersene conto bastava guardare i cortei, che - almeno sulla carta - ad un certo punto avrebbero dovuto riunirsi e percorrere insieme l'ultimo tratto di strada. Aprivano i professori, il personale docente e non docente delle università. Con loro anche i rappresentanti dei partiti che condividevano le ragioni dello sciopero. Si sono visti Ferrero, Bertinotti, Claudio Fava, qualche altro. Nessuno del piddì. Un po' di bandiere della Cgil, due - esattamente due - della Uil. Uno spezzone di corteo silenzioso, senza slogan. Che qualcuno, dal camion che li precedeva, ha provato a ravvivare diffondendo la musica di Bob Marley, senza molti risultati. Poi, tenendosi debitamente a distanza è passata l'onda. Sono arrivati gli studenti. Che hanno affidato a tanti segnali il racconto del loro movimento. Aprivano ragazzi e ragazze sandwich, che sui cartelli di gommapiuma - che magari sarebbero stati buoni anche per proteggersi dalle manganellate della polizia - non portavano parole d'ordine. Ma i titoli di centinaia di libri: dall'«Inferno» di Dante a «Sulla Strada» di Kerouac, passando per «Morte di un commesso viaggiatore» di Miller. Erano in piazza per difendere il loro diritto a leggerli. A conoscerli.Poi, l'ironia dei ricercatori di Firenze. Con uno striscione che ormai ha fatto scuola: «Berlusconi, senza la ricerca non avresti i capelli». O quella dei ragazzi di Potenza, di Cassino. «Se pensate che la conoscenza vi costi troppo, provate con l'ignoranza». E poi i giovani di Medicina di Milano che sfoggiavano enormi forbici, o quelli di ingegneria di Palermo e di Cagliari. O di Genova. Che esponevano strani striscioni con sù disegnati palazzi sbilenchi. Con una didascialia: «Senza sapere ci rimettiamo tutti». E ancora: i ragazzi e i professori di Frosinone. Semplici: «Siamo ad un millimetro dal baratro. Il decreto Gelmini è un deciso passo in avanti». Il tutto senza neanche una bandiera di partito. Anche qui, al massimo uno o due vessilli. Per il resto una marea di altre bandiere, alcune anche incomprensibili (ce n'era una giallo, rossa e nera, punteggiata di blu). Senza simboli. O meglio, senza simboli conosciuti nelle tradizionali manifestazioni. Nel tradizionale mondo della politica. Eppure, dai megafoni - che a tanti è sembrato l'unico legame con altre stagioni -, improvvisati speaker parlavano di politica. Denunciavano sprechi, denunciavano con una precisione ossessiva perché anche l'ultima versione del decreto Gelmini sull'università è distruttivo. Discorsi neanche troppo lunghi, di facile presa. Comprensibili. Discorsi che su ogni punto, su ogni taglio deciso dalla Gelmini, indicavano una controproposta. Discorsi che tutti insieme, insomma, delineavano una vera riforma dell'università. Che comincia però col rifiuto dei tagli del governo. Discorsi che si univano con tante, altre riflessioni. Sul fatto che il «movimento» sta reggendo un po' ovunque, anche se le forme dell'opposizione sono le più diverse. Sul fatto però che il «no» alla Gelmini non potrà vivere solo di appuntamenti romani. Riflessioni che continueranno oggi, quando a Roma faranno il punto su come andare avanti. Riflessioni che sono riusciti a spostare qualcosa? L'effetto sul governo si vedrà. Ieri, però, mentre sfilavano da un balcone di un palazzo è apparso uno striscione. Scritto a mano: «Ragazzi siete l'ultima speranza». E allora, in qualche modo, quell'enorme serpentone di ragazzi e ragazze ha già pagato.

L'ipocrisia delle "novità" introdotte dalla ministra Gelmini

Pubblico un interessante documento scritto da Fulvio Vassallo Paleologo della facoltà di Giurisprudenza di Palermo, che è pervenuto alla mia casella email. Chi vuole approfondire anche nei dettagli le menzogne del ministro Gelmini, lo legga attentamente!
G.R.
I FATTI E LE MENZOGNE : VERSO LA DISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ PUBBLICA
Il Governo ha fatto ricorso all’ennesimo decreto legge, al di fuori delle ipotesi previste dall’art. 77 della Costituzione, questa volta per sedare la rivolta scoppiata negli atenei contro i tagli previsti per la spesa universitaria, il blocco sostanziale del turn-over dei docenti, la privatizzazione progressiva del sistema universitario nazionale. Obiettivo dell’intervento del governo - che si articolerà anche in altri provvedimenti o linee guida che dovranno essere emanati per la governance degli atenei, per la valutazione, per lo stato giuridico, per il dottorato ed il reclutamento - è stato innanzitutto quello di contrastare il brusco calo di consensi registrato nei sondaggi durante le settimane della protesta studentesca e dividere il fronte dei docenti dagli studenti. Ancora una volta, con misure che appaiono preordinate più a sortire un “effetto annuncio” che a risolvere i problemi che affliggono l’università italiana. Sarebbe stato semmai necessario e urgente intervenire con un decreto legge per restituire alle università tutte le risorse sottratte dalla legge 133, e riportare la spesa per le università italiane alla media europea, riservandosi poi di intervenire con una legge ordinaria sullo stato giuridico dei docenti, sulle procedure di reclutamento e sugli strumenti concorsuali per la progressione delle carriere. Con l’intervento sui concorsi si innescano anche all’interno delle diverse fasce docenti false prospettive di progressione di carriera, per tentare di dimostrare poi agli studenti la natura “corporativa” della mobilitazione dei professori e dei ricercatori.
Il provvedimento adottato dal governo il 6 novembre “restituisce” ai rettori, ma solo agli atenei “virtuosi”, una parte dei tagli operati con la legge 133 approvata nell’agosto di questo anno, ed accorda 200 milioni di euro per il 2009, al fine di garantire il diritto allo studio universitario, attraverso alloggi, residenze, borse di studio. Nessuna modifica dei tagli previsti a partire dal 2010 e per gli anni successivi dalla legge 133 che sottrae agli atenei italiani una media di trecento milioni di euro per anno. Tutto questo mentre oggi, secondo dati OCSE la spesa annuale per studente è di 12.446 dollari in Germania, di 10.995 dollari in Francia e soltanto di 8.026 dollari in Italia. Non si comprende come la Conferenza dei Rettori (CRUI) possa ritenersi soddisfatta del decreto legge dopo che aveva richiesto “una urgente riconsiderazione delle condizioni finanziarie determinate dai recenti provvedimenti del governo che porterebbero a situazioni del tutto insostenibili per l’intero sistema a partire dal 2010”. Un ennesimo cedimento che spiana la strada ai provvedimenti adottati dal governo, dopo che già lo scorso luglio, era bastato che il ministro Gelmini annunciasse un tavolo di confronto ( poi mai partito) per fare rientrare la protesta dei rettori prima dell’approvazione della legge taglia-fondi 133, poi avvenuta il 4 agosto, quando le università si erano ormai svuotate.
Punto centrale del decreto legge è la revisione del sistema di reclutamento dei docenti e dei ricercatori. Un sistema che, attualmente, funziona in base a una vecchia normativa, ripristinata in seguito alla mancata applicazione della legge Moratti (n. 230/2005) e alla bocciatura da parte della Corte dei Conti del disegno di riforma messo a punto successivamente dall'ex ministro Fabio Mussi. Le ultime decisioni dell’esecutivo, subito accolte con sollievo dal Presidente della Repubblica, che ha ritenuto di nuovo aperto un canale di dialogo tra maggioranza ed opposizione, hanno avuto un effetto immediato. Diversi Rettori hanno espresso la loro valutazione favorevole e si sono detti disponibili ad aprire un confronto. Vedremo presto quali saranno i “frutti” di questo rinnovato “clima di confronto”. Anche i rappresentanti del principale partito di opposizione hanno espresso il loro compiacimento per quello che considerano come un successo della protesta di queste settimane, riservandosi di entrare nel merito del testo del decreto dopo la sua pubblicazione, come se le concessioni “elargite” dal governo sui finanziamenti e sulle linee guida per i futuri interventi sull’università costituissero l’inizio di una fase di trattative in vista di una riforma organica. I vertici amministrativi hanno tirato un sospiro di sollievo perché le misure adottate dal governo consentivano loro di “tirare a campare” ancora per un anno. Come se non fosse scontato, anche alla luce dei dati diffusi dal ministero che a partire dal 2010, se i tagli imposti da Tremonti venissero confermati, l’intero sistema universitario nazionale si avvierà verso il blocco di interi corsi o la chiusura degli accessi, in ogni caso con un aumento vertiginoso delle tasse universitarie. E lo sblocco del turn-over appare una misura più fittizia che reale. Per ora sono in sette ma già dal prossimo anno, e soprattutto dal 2010, il gruppo degli atenei colpiti dal decreto legge blocca-concorsi potrebbe crescere considerevolmente ad oltre la metà degli atenei italiani. A medio e lungo termine il numero dei docenti universitari sarà comunque dimezzato ( o quasi) e questo dato comporterà una riduzione indiscriminata dell’offerta didattica e delle attività di ricerca con una ulteriore perdita di competitività del sistema universitario nazionale.
Il decreto legge varato dal Governo blocca dunque il reclutamento di ricercatori, associati e ordinari nelle università che dedicano agli assegni fissi per il personale più del 90% del fondo statale, dopo anni di continue riduzioni del fondo di funzionamento ordinario (FFO). La situazione di questi atenei non poi tanto lontana da quella della maggioranza delle sedi universitarie. L’effetto di blocco della misura viene oggi ( ma non si sa quanto domani) ad interessare un numero ridotto di atenei (in rosso), mediante l’adozione di particolari correttivi che ne salvano altri già in gravi difficoltà, tenendo conto della presenza dei policlinici universitari a gestione diretta. Secondo il Sole 24 ore, “fino al 2008. Il conteggio del rapporto fra spese di personale e Fondo statale è stato ogni anno alleggerito da una serie di correttivi in favore degli atenei, tra cui spicca quello che impone di conteggiare per 2/3, e non per intero, il personale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale nelle facoltà di medicina. Senza lo "sconto", a sforare il tetto sarebbero in 26, tra i quali anche l’Ateneo di Palermo, cioè quasi la metà dei 58 atenei statali, e poi in pratica quasi tutte le università dovrebbero bloccare le procedure concorsuali. Una prospettiva che non è comunque scongiurata, secondo i diretti interessati: «I concorsi – secondo Augusto Marinelli, rettore di Firenze – devono avere una copertura pluriennale, per cui nei fatti lo stop ai concorsi scatterà per moltissimi già il prossimo anno». Nel 2010, infatti, il fondo ordinario dovrebbe essere ridotto di 659 milioni, attestandosi intorno ai 6,8 miliardi, e nel 2011 dovrebbe scendere verso i 6,2. Ovvio che, diminuendo l'estensione della base di calcolo, il peso percentuale degli stipendi cresce proporzionalmente”.
Il decreto legge approvato il 6 novembre dal governo non risolve i problemi finanziari delle università e si inquadra all’interno di una logica di sottofinanziamento delle università pubbliche a tutto vantaggio degli enti universitari privati, che proprio in questi giorni hanno intensificato le loro campagne pubblicitarie. Come si osserva in un recente articolo del Sole 24 ore “oltre all'analisi dei tagli agli atenei contenuti nella Finanziaria per il 2009, c'è anche quella degli importi assegnati alla missione "Istruzione universitaria" dal disegno di legge di bilancio per il prossimo anno. Nella missione "Istruzione universitaria", divisa in 3 programmi, la dotazione è di 8.549,3 milioni di euro per il 2009, 7.844,5 milioni per il 2010 e 7.037,5 milioni per il 2011. La prima tabella, elaborata su dati del Servizio studi della Camera, nasce dal confronto tra gli importi assegnati a ogni programma con quelli del triennio successivo, dove verificare le riduzioni rispetto alle previsioni assestate di bilancio 2008, che escludono i tagli derivanti dai Dl 93/08 (Ici) e Dl 112/08 (manovra d'estate). Le riduzioni più forti contenute nel ddl di bilancio per il 2009 sono concentrate nel programma sistema universitario e formazione post-universitaria, che scende verticalmente da poco più di 8mila milioni di euro a 6.496,5 milioni nel 2011 (meno 1.645,5 milioni di euro). Negli importi assegnati dal ddl bilancio per il diritto allo studio, dove si concentrano i fondi per borse di studio, prestiti d'onore, contributi per alloggi , residenze e collegi universitari e attività sportiva, si registra un calo che supera il 60% nel 2011 rispetto alle previsioni assestate 2008. Di fronte a questo dato i duecento milioni di euro accordati dal decreto per il diritto allo studio sono soltanto un palliativo.
Sono proprio i tagli programmati complessivamente per i prossimi anni, confermati ancora una volta, che rendono del tutto strumentale la concessione delle risorse apportate dal decreto legge approvato dal governo il 6 novembre scorso. Un vero e proprio contentino per calmare le acque, portare in approvazione il decreto legge sotto Natale, quando le università si saranno svuotate, e garantire agli atenei la sopravvivenza per un anno. Non stupisce dunque la risposta negativa del movimento degli studenti e dei docenti riuniti a Firenze sabato 10 novembre.
Studenti e docenti sanno ormai che contro il disegno di dismissione dell’università pubblica, condiviso dal governo e da buona parte dell’opposizione, che ha aperto anche sulla possibilità della trasformazione delle università in fondazioni, l’unica strada praticabile a questo punto rimane l’autoriforma dal basso dell’università, mantenendo alta la mobilitazione, a partire dalla pratica di una nuova didattica, con una diversa fruizione dei tempi e degli spazi, ma anche moltiplicando le occasioni di controllo democratico e di denuncia della gestione amministrativa degli atenei, del reclutamento e delle carriere..Occorre anche costruire a livello locale occasioni autogestite di incontro con il mondo per lavoro e con le associazioni del terzo settore per costruire nuovi percorsi per il passaggio ( nei due sensi) dalla fase della formazione alla fase dell’impegno lavorativo.
Di fronte ad una situazione di emergenza, questa si vera emergenza, prodotta progressivamente negli anni passati e aggravata di un colpo dai provvedimenti di taglio delle risorse adottati dal governo con a legge n.133 del 4 agosto 2008, il ministro Gelmini sostiene adesso necessario il ricorso alla decretazione d'urgenza per modificare le procedure dei concorsi universitari già banditi, ma per i quali non si è ancora formata la commissione a seguito dell’espletamento delle procedure elettorali. Una argomentazione che contrasta non solo con l’art. 77 della Costituzione, ma con il principio di parità dettato dall’art. 3 e con il principio di imparzialità e di buon andamento della pubblica amministrazione, affermato dall’art. 97 della Costituzione. Un intervento su concorsi già banditi, per i quali i candidati hanno già presentato domanda, mentre sono in corso le procedure per la selezione dei commissari appare infatti lesivo degli interessi dei concorrenti, della parità di trattamento, e del principio di buona amministrazione, differenziando i candidati alle diverse valutazioni comparative indette con lo stesso bando, sulla base del momento di formazione della commissione concorsuale, e dunque foriero di un vasto contenzioso amministrativo che rallenterà o bloccherà del tutto l’iter concorsuale in numerosi settori disciplinari ad elevata conflittualità. Secondo Andrea Lenzi, presidente del Cun, il Consiglio universitario nazionale, «ciò significherebbe rinviare le comparazioni valutative per le progressioni di carriera di circa 20mila ricercatori e altrettanti associati».
La soluzione inventata all'ultimo minuto in Consiglio dei Ministri sulla formazione delle commissioni nei concorsi ad ordinario e ad associato, ripescando l’elezione di una “rosa” ( seppure allargata) di commissari da eleggere prima del sorteggio, mantiene in capo alle oligarchie accademiche tutti i poteri di cooptazione che hanno prodotto la “parentopoli” universitaria, ancora una volta modificando tutto in apparenza, senza mutare niente nella sostanza. Le modifiche apportate in extremis al decreto riproducono il sistema esistente con modifiche marginali ed eliminano comunque ogni residuo fondamento allo 'stato di emergenza' invocato dal Ministro Gelmini per giustificare il ricorso allo strumento del decreto-legge sui concorsi già banditi, in quanto si prevedono procedure il cui espletamento potrebbe durare ancora più a lungo di quelle attuali, senza alterare, anzi accentuando la “logica di scambio” tra i diversi gruppi nella fase del reclutamento. Come osserva un recente documento dell’ANDU “ quanto approvato non cambia nulla rispetto alle norme attuali. Fino ad oggi la commissione veniva composta dal membro interno (colui al quale era stato 'assegnato' il posto per poterlo 'girare' al suo allievo) e lo stesso membro interno invitava quattro colleghi, per i posti a professore, e due, per i posti a ricercatore, a candidarsi per farsi eleggere nella commissione. Da domani, invece, il membro interno chiederà a dodici colleghi, per i posti a professore, e a sei colleghi, per i posti a ricercatore, di candidarsi per farsi eleggere nella rosa da cui sorteggiare i quattro (e due) membri della commissione”. Con i poteri di controllo su scala nazionale che hanno consolidato i gruppi baronali che controllano tutti i settori disciplinari, continuerà ad essere un giochino assai facile pilotare le elezioni per rendere inefficace l’esito, qualunque sia, della successiva fase del sorteggio. Sembrerebbe che a questo “cambiare tutto per non cambiare nulla” abbiano dato il loro contributo anche il ministro Brunetta ed il solito Gianni Letta, braccio destro di Berlusconi. C’è sempre qualcuno, evidentemente, che provvede a coprire le malefatte di quelli che poi chiamano “baroni”, per disorientare gli studenti e farli cadere nella trappola delle presunte strumentalizzazioni che si denunciano la mattina e si praticano la sera.. Sembra dunque assai appropriato il commento di Giuliano Cazzola del Pdl: "Si complicano le procedure senza mutarne la sostanza".
L’allungamento dei tempi delle procedure concorsuali avrà conseguenze devastanti anche a fronte della conferma dei tagli previsti per i fondi di funzionamento ordinario (FFO)a partire dal 2010. Per molte università i concorsi banditi con le nuove regole, o quelli bloccati in attesa di ricomporre le commissioni con le nuove regole, potrebbero essere anche gli ultimi concorsi prima di sprofondare nel limbo degli atenei in rosso, esclusi per questo dalla possibilità di bandire anche un solo posto. Un effetto che non sarà certo impedito dall’alleggerimento del blocco del turn-over, e che si produrrà anche qualora gli atenei volessero ( o meglio fossero costretti a ) trasformarsi in fondazioni a causa dei tagli ai finanziamenti e della durata e della complessità delle procedure previste per questa fase. Un eventuale scorporo dei policlinici, facendo cadere i fattori correttivi più favorevoli, potrebbe fare precipitare il rapporto tra spesa complessiva e spesa per gli stipendi, portando alla paralisi anche gli atenei che oggi si sentono al sicuro ( almeno per il prossimo anno). Gli atenei siciliani, nell’incerta prospettiva di scorporo dei policlinici universitari, con le università di Catania e Messina già al centro di indagini da parte della magistratura, potrebbero pagare un prezzo altissimo per effetto delle misure adottate o annunciate dal governo.
La protesta universitaria di queste settimane, a Palermo come nel resto d’Italia, non ha intaccato il diritto allo studio di quanti sono iscritti ai corsi universitari, come si è voluto fare credere per delegittimare le ragioni della protesta. Saranno invece le scelte di Tremonti, Brunetta e della Gelmini, autentici referenti politici di quella che è stata definita la “maggioranza silenziosa” degli studenti (che non ha partecipato alle iniziative di protesta rivendicando la esigenza di proseguire con la didattica quotidiana), che “chiuderanno” le università nei prossimi anni, determinando in molti corsi le condizioni per il blocco delle attività didattiche, la reintroduzione del numero chiuso ed un aumento incontrollabile dei costi necessari per iscriversi all’università. A tutto vantaggio delle università private e di quanti vi potranno ancora accedere.
Le manifestazioni unitarie che hanno coinvolto ancora una volta studenti, docenti e personale tecnico-amministrativo al’indomani dell’approvazione del decreto, e le decisioni maturate sabato 8 novembre nell’assemblea nazionale di Firenze, confermano come, al di là dei cedimenti dei partiti di opposizione, il movimento sia più vivo che mai e possa rendere ancora assai critica la prossima fase di ratifica da parte del parlamento di quanto deciso ieri dal governo. La domanda di giustizia sociale e di futuro espressa in questi giorni dagli studenti medi ed universitari e da molti docenti, di fronte ad una crisi economica senza precedenti, va ben oltre le misure tampone decise dal governo. E’ forte la determinazione del movimento degli studenti e dei docenti medi ed universitari di collegarsi alle altre aree di conflitto ed alle realtà organizzate di lavoratori, pensionati, migranti e precari in lotta in questo periodo. Una determinazione che si dovrebbe tradurre presto in una mobilitazione unitaria, verso lo sciopero generale, soprattutto in occasione della discussione della legge finanziaria e dei provvedimenti collegati.
Fulvio Vassallo Paleologo
Giurisprudenza - Università di Palermo