L’Italia ha perso la sua memoria, senza rendersi conto del rischio altissimo che potrebbe porsi dinanzi: si studia, si analizza il passato per capire il presente e costruire meglio il futuro; se non si ricorda la storia il pericolo più imminente è quello di ricommettere gli errori del passato. Le spinte assolutistiche, ai limiti di una democratica dittatura, cominciano a farsi più palesi, sebbene la popolazione, soprattutto le vecchie generazioni, sembri non ricordare la più nera pagina della storia nazionale rappresentata dal Fascismo. Ora la situazione comincia forse a farsi più critica ed anche le personalità più importanti della nostra cultura italiana cominciano ad essere dimenticate. Sono parole dure, forse enfatizzate da un forte sentimento di delusione che ha preso quella ventina di persone, le quali in una gelida mattina hanno speso il loro tempo per commemorare l’11° anniversario della morte di Danilo Dolci. Chi era costui? Un sintetico articolo può essere riduttivo per descrivere le sue azioni e non mi sento in grado di ergermi a cantore della sua vita, avendo conosciuto persone che sono state a suo fianco nelle lotte sociali e civili intraprese dagli anni 50. È stato definito il Gandhi della Sicilia, ritenuto peraltro una delle figure di massimo rilievo della nonviolenza nel mondo. Arrivò nella Sicilia occidentale (Partinico, Trappeto, paesi in provincia di Palermo) e qui fu protagonista di una serie di azioni, oggi considerate per così dire un lampo di luce nell’oscurità di un tempo, che vedeva prosperare l’illegalità, lo sfruttamento, la povertà, l’indifferenza. Digiuni e scioperi a sostegno delle fasce più deboli, che chiedevano condizioni igieniche minime ad una degna sopravvivenza e lavoro, pilastro della nostra Costituzione nell’art. 1. Denunciò la mafia e i suoi rapporti con il mondo politico, attraverso l’attività di un centro studio da lui progettato ed avviato, ma considerato uno strumento inutile e quasi folle da una buona parte dei suoi concittadini. Da lì, invece, uscirono le prime vere accuse pesanti verso deputati democristiani (tra cui Mattarella), in un periodo in cui tutti calavano la testa al don di turno. Ottenne la sua vittoria nella costruzione della diga Jato (nei pressi di Partinico), un importante bacino artificiale considerato oro dai contadini delle campagne del comprensorio. Ebbene, il 30 dicembre, mentre la piazza del paese di Partinico era gremita di gente che gustava un caffè e leggeva il giornale, una dozzina di comunisti, un sindacalista, un ambientalista si sono riuniti davanti la sua casa (un edificio abbandonato in vendita per circa 30 mila euro: il Comune su fondi della Regione ne ha spesi 40 mila per delle mediocri festività estive!) e ne hanno ricordato il lavoro, illustrando a qualche giovane presente l’attualità del lavoro di Danilo. Viene in mente la commemorazione di qualche anno fa, quando arrivarono fondi da qualche ente e le cose si fecero in grande: quella volta il denaro si sperperò (non si sa se sia intervenuta qualche mano lesta), qualche iniziativa si organizzò e soprattutto i politici locali più anziani, molti dei quali avevano criticato aspramente il lavoro e la figura di Danilo quand’era ancora in vita, si fecero belli nelle loro passerelle davanti alla cittadinanza di profonda ammirazione verso quell’uomo. Quest’anno denaro in mezzo, su cui far mangiare qualche furbetto, non se n’è visto e Danilo Dolci è stato improvvisamente dimenticato. Concludo con dei versi di una sua poesia, che dubito oggi riscriverebbe: “ Vi sono grato / di non esservi vergognati di me / quando mi eran contro quasi tutti [...]/ Vi lascio / una vita scoperta intensamente / giorno per giorno: / ho cercato per voi / di guardare oltre l’attimo, vivendolo...”.
Giovani Comunisti/e circolo "Peppino Impastato" Partinico (PA)
mercoledì 31 dicembre 2008
LA MEMORIA (DIMENTICATA) DI DANILO DOLCI
Dopo la commemorazione di ieri, di getto ho scritto questo articolo, che propongo agli amici del sito dei Giovani Comunisti/e. è semi-personale, non lo è del tutto perchè lo proporrò a qualche testata web, in modo da diffondere il messaggio che mi preme trasmettere.
Gianluca Ricupati
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