E' iniziata con la conferenza stampa di presentazione la nona edizione del Forum sociale mondiale, a Belem, nello stato brasiliano del Parà. I temi dei dibattiti e delle assemblee raccolti sotto l'ombrello del «buen vivir» come alternativa alla crisi e all'ossessione della crescita.
Finalmente si parte. È iniziata la nona edizione del Forum Sociale Mondiale, da Belem do Parà, amazzonia brasiliana, luogo simbolo del conflitto tra due diverse concezioni di intendere il mondo. L’amazzonia come luogo della speranza, come luogo della diversità, come luogo della vita oppure come semplice spazio di merci dalle quali trarre profitto, come prevede la logica insostenibile di un modello che fa della mercificazione della vita e della privatizzazione delle risorse la sua bandiera.Si comincia con una conferenza stampa nel Teatro Maria Sylvia alla Stazione das Docas, con alle spalle la splendida isola di Marajo, costeggiata da uno dei principali affluenti del Rio delle Amazzoni. Ad aprirla una donna indigena, Adalise Otteloo, che puntualizza subito come il Fsm sia il luogo in cui si sta ripensando la globalizzazione, affinchè abbia al centro i diritti e una relazione armonica con l’ambiente. «È per questo che la partecipazione dei movimenti e delle comunità indigene così numerosa a questo forum rappresenta un fatto importantissimo» spiega Adalise ai giornalisti assiepati nel Teatro. «Buen Vivir», è il lemma che sta caratterizzando l’alternativa lanciata dal Fsm alla crescita economica. Un’idea che appartiene da sempre alla cosmogonia dei popoli indigeni che hanno nel loro dna sociale la relazione con la Terra e con la vita come elemento centrale. «Vivere bene tutti e tutte» ed è per questo, continua Adalise, che la giornata interamente dedicata al forum panamazzonico di domani sarà così importante per immaginare un’altra idea dello sviluppo concepita sulla necessità ineludibile di «vivere bene». «Bisogna superare l’attuale crisi energetica e la distruzione dell’ambiente, accorpando le lotte e le resistenze denunciando la violenza e la discriminazione che i popoli originari della foresta continuano a subire», conclude Adalise nel suo intervento. Stessa questione ripresa dalle parole di Candido Grabowski del Consiglio Internazionale del Fsm e direttore di Ibase. «La sfida che abbiamo davanti è monumentale e se non la vinciamo quello che verrà potrà essere addirittura peggiore. L’economia attuale non è sostenibile ed è questo, più di ogni altra cosa, che avalla le nostre idee e da ragione alla necessità urgente di reinventare un mondo altro.» Il dilemma sul ruolo del Fsm viene sciolto subito. Il Fsm non è un luogo attraverso il quale esercitare pressione sui Governi, ma la platea mondiale più importante per elaborare idee, stimolare partecipazione e diritti di cittadinanza, stringere alleanze tra movimenti per portare avanti lotte comuni, questo il pensiero ricorrente dal palco. Ripensare lo sviluppo è dunque la questione centrale di questa nona edizione del Fsm per rispondere alla crisi globale provocata da un modello economico improntato sulla crescita e sulla distruzione ambientale, come sostiene Raffaella Bolini, dell’Arci, che a nome del Coordinamento Italiano ricorda come i pericoli che i movimenti denunciavano ormai da dieci anni sono oggi tutti manifestati nella crisi globale che investe tutto il mondo, non solo il sud. «Noi europei abbiamo bisogno di pensiero nuovo e l’America Latina in questo ci può aiutare, visto che è l’unico continente dove i movimenti sono riusciti ad ottenere risultati consistente e cambiamenti reali. Quelli che hanno prodotto la crisi non possono oggi pensare di essere coloro che la risolvono, tra l’altro proponendo le stesse identiche ricette economiche e sociali, come l’Europa che pensa di continuare a esportare il neoliberismo in America Latina attraverso gli accordi commerciali che tanto danno fanno ai diritti ed all’ambiente.» Raffaella chiude poi con un appello su Gaza, «affinché il FSM possa riuscire a costruire un’alternativa anche per la società civile mediorientale che sia diversa dall’opzione offerta dalle bombe occidentali e dall’estremismo religioso.» La vostra crisi non la paghiamo, dicono gli studenti dell’Onda in Italia, stesso discorso anche dalla conferenza di apertura del Forum. «Trilioni di dollari regalati alle banche e ad imprese responsabili della crisi, invece che investiti per affrontare e risolvere il problema della fame, della povertà, della salute, dell’inquinamento ambientale, della casa e del diritto alla vita», denuncia Odel Grabjew anche lui del Consiglio Internazionale del Fsm. «Noi abbiamo alternative e proposte, quindi non veniteci a raccontare che siamo quelli del no e della protesta. Fate invece questa domanda a quelli che governano l’economia, perché noi le proposte continuiamo a farle. Questi soldi spesi per la crisi potevano servire per risolvere quasi tutti i gravi problemi del pianeta ed invece sono stati spesi altrove. Qui al forum ci sono persone di altissimo valore in ogni campo che continuano ad offrire soluzioni e alternative.» Ed è in effetti straordinaria la varietà di assemblee, seminari e spazi di approfondimento ed elaborazione che sono in programma per la settimana. Oltre 2300 attività definite direttamente dai partecipanti, attraverso uno straordinario esercizio di democrazia diretta dove il compito dell’organizzazione è stato solo quello di facilitare questo scambio e questi incontri. Sono infatti più di centomila gli iscritti, provenienti da oltre 150 paesi in rappresentanza di quasi seimila diverse organizzazioni. L’ultima novità di questo forum la ricorda Chico Whitaker, della Commissione Pastorale e storica figura di riferimento per i movimenti altermondialisti. «Il primo febbraio ci sarà l’Assemblea delle Assemblee in cui si cercherà di creare le convergenze e sviluppare campagne ed azioni comuni sul piano globale. È possibile superare le cose tristi che continuiamo a vedere ed a subire. Il Fsm è soprattutto anche speranza e allegria», chiude Chico allargando il suo sorriso incorniciato da una splendida barba bianca che sembra senza tempo. Buon Forum Sociale Mondiale a tutti ed a tutte. Si inizia.
Finalmente si parte. È iniziata la nona edizione del Forum Sociale Mondiale, da Belem do Parà, amazzonia brasiliana, luogo simbolo del conflitto tra due diverse concezioni di intendere il mondo. L’amazzonia come luogo della speranza, come luogo della diversità, come luogo della vita oppure come semplice spazio di merci dalle quali trarre profitto, come prevede la logica insostenibile di un modello che fa della mercificazione della vita e della privatizzazione delle risorse la sua bandiera.Si comincia con una conferenza stampa nel Teatro Maria Sylvia alla Stazione das Docas, con alle spalle la splendida isola di Marajo, costeggiata da uno dei principali affluenti del Rio delle Amazzoni. Ad aprirla una donna indigena, Adalise Otteloo, che puntualizza subito come il Fsm sia il luogo in cui si sta ripensando la globalizzazione, affinchè abbia al centro i diritti e una relazione armonica con l’ambiente. «È per questo che la partecipazione dei movimenti e delle comunità indigene così numerosa a questo forum rappresenta un fatto importantissimo» spiega Adalise ai giornalisti assiepati nel Teatro. «Buen Vivir», è il lemma che sta caratterizzando l’alternativa lanciata dal Fsm alla crescita economica. Un’idea che appartiene da sempre alla cosmogonia dei popoli indigeni che hanno nel loro dna sociale la relazione con la Terra e con la vita come elemento centrale. «Vivere bene tutti e tutte» ed è per questo, continua Adalise, che la giornata interamente dedicata al forum panamazzonico di domani sarà così importante per immaginare un’altra idea dello sviluppo concepita sulla necessità ineludibile di «vivere bene». «Bisogna superare l’attuale crisi energetica e la distruzione dell’ambiente, accorpando le lotte e le resistenze denunciando la violenza e la discriminazione che i popoli originari della foresta continuano a subire», conclude Adalise nel suo intervento. Stessa questione ripresa dalle parole di Candido Grabowski del Consiglio Internazionale del Fsm e direttore di Ibase. «La sfida che abbiamo davanti è monumentale e se non la vinciamo quello che verrà potrà essere addirittura peggiore. L’economia attuale non è sostenibile ed è questo, più di ogni altra cosa, che avalla le nostre idee e da ragione alla necessità urgente di reinventare un mondo altro.» Il dilemma sul ruolo del Fsm viene sciolto subito. Il Fsm non è un luogo attraverso il quale esercitare pressione sui Governi, ma la platea mondiale più importante per elaborare idee, stimolare partecipazione e diritti di cittadinanza, stringere alleanze tra movimenti per portare avanti lotte comuni, questo il pensiero ricorrente dal palco. Ripensare lo sviluppo è dunque la questione centrale di questa nona edizione del Fsm per rispondere alla crisi globale provocata da un modello economico improntato sulla crescita e sulla distruzione ambientale, come sostiene Raffaella Bolini, dell’Arci, che a nome del Coordinamento Italiano ricorda come i pericoli che i movimenti denunciavano ormai da dieci anni sono oggi tutti manifestati nella crisi globale che investe tutto il mondo, non solo il sud. «Noi europei abbiamo bisogno di pensiero nuovo e l’America Latina in questo ci può aiutare, visto che è l’unico continente dove i movimenti sono riusciti ad ottenere risultati consistente e cambiamenti reali. Quelli che hanno prodotto la crisi non possono oggi pensare di essere coloro che la risolvono, tra l’altro proponendo le stesse identiche ricette economiche e sociali, come l’Europa che pensa di continuare a esportare il neoliberismo in America Latina attraverso gli accordi commerciali che tanto danno fanno ai diritti ed all’ambiente.» Raffaella chiude poi con un appello su Gaza, «affinché il FSM possa riuscire a costruire un’alternativa anche per la società civile mediorientale che sia diversa dall’opzione offerta dalle bombe occidentali e dall’estremismo religioso.» La vostra crisi non la paghiamo, dicono gli studenti dell’Onda in Italia, stesso discorso anche dalla conferenza di apertura del Forum. «Trilioni di dollari regalati alle banche e ad imprese responsabili della crisi, invece che investiti per affrontare e risolvere il problema della fame, della povertà, della salute, dell’inquinamento ambientale, della casa e del diritto alla vita», denuncia Odel Grabjew anche lui del Consiglio Internazionale del Fsm. «Noi abbiamo alternative e proposte, quindi non veniteci a raccontare che siamo quelli del no e della protesta. Fate invece questa domanda a quelli che governano l’economia, perché noi le proposte continuiamo a farle. Questi soldi spesi per la crisi potevano servire per risolvere quasi tutti i gravi problemi del pianeta ed invece sono stati spesi altrove. Qui al forum ci sono persone di altissimo valore in ogni campo che continuano ad offrire soluzioni e alternative.» Ed è in effetti straordinaria la varietà di assemblee, seminari e spazi di approfondimento ed elaborazione che sono in programma per la settimana. Oltre 2300 attività definite direttamente dai partecipanti, attraverso uno straordinario esercizio di democrazia diretta dove il compito dell’organizzazione è stato solo quello di facilitare questo scambio e questi incontri. Sono infatti più di centomila gli iscritti, provenienti da oltre 150 paesi in rappresentanza di quasi seimila diverse organizzazioni. L’ultima novità di questo forum la ricorda Chico Whitaker, della Commissione Pastorale e storica figura di riferimento per i movimenti altermondialisti. «Il primo febbraio ci sarà l’Assemblea delle Assemblee in cui si cercherà di creare le convergenze e sviluppare campagne ed azioni comuni sul piano globale. È possibile superare le cose tristi che continuiamo a vedere ed a subire. Il Fsm è soprattutto anche speranza e allegria», chiude Chico allargando il suo sorriso incorniciato da una splendida barba bianca che sembra senza tempo. Buon Forum Sociale Mondiale a tutti ed a tutte. Si inizia.
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